Migrazioni e famiglie: Regalia e Zanfrini (Cattolica), “principio di uguaglianza e riconoscimento della diversità”. Perez-Testor e Vilaregut (Sacru), “rischio sindrome di Ulisse”

Nella fase post migrazione il supporto della comunità non è sempre scontato. Per Camillo Regalia, direttore del Centro di Ateneo studi e ricerche sulla famiglia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, e Laura Zanfrini, professore ordinario per il settore scientifico-disciplinare di Sociologia dei processi economici nel medesimo Ateneo, “è proprio attraverso le famiglie che la migrazione si manifesta come un fenomeno capace di modificare i tratti costitutivi stessi di una società, incidendo sui caratteri somatici, etnici e religiosi della popolazione”. In un approfondimento promosso dalla Strategic Alliance of Catholic Research Universities (Sacru) in vista della Giornata internazionale della famiglia che ricorre il 15 maggio, i due docenti hanno spiegato che siccome sono proprio gli immigrati a essere maggiormente esposti alla povertà e all’esclusione sociale, la vera sfida posta dalla migrazione familiare riguarda “la capacità di conciliare il principio di uguaglianza e il riconoscimento della diversità”.
Ma quali sono allora i processi migratori che generano perdite? La risposta non è univoca. Carlos Perez-Testor e Anna Maria Vilaregut, membri del Gruppo di Ricerca sulla Coppia e la Famiglia dell’Universitat Ramon Llull e coordinatori del Gruppo di Lavoro sulla Famiglia di Sacru, sostengono che “sono le migrazioni non protette a produrre le ferite più profonde”. Con quest’ultime si fa riferimento a quelle situazioni in cui le famiglie sono costrette a scappare del proprio paese d’origine per ragioni economiche o di persecuzione politica. Quando una famiglia emigra, è come se essa attraversasse un processo di lutto, che “può essere elaborato o provocare difficoltà come la Sindrome del migrante con stress cronico e multiplo, chiamata anche sindrome di Ulisse”.

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