Colombia: mons. Pinzón celebra funerali di indigeni uccisi dall’esercito, “basta atti di guerra, diendere la vita”

Non si placano le polemiche in Colombia per l’uccisione, accaduta nei giorni scorsi, di 11 indigeni a Puerto Leguízamo, nel dipartimento meridionale del Putumayo, da parte dell’Esercito, che ha spiegato l’accaduto affermando, per bocca del ministro della Difesa Diego Molano, che a essere uccisi sono stati dei dissidenti delle Farc. Anche se la dissidenza della guerriglia ha nella zona una delle sue roccaforti, gli abitanti locali e numerose associazioni per i diritti umani contestano questa versione, accusando l’esercito di perpetuare l’orrenda pratica dei “falsos positivos”, che si sperava archiviata dopo l’accordo di pace. Lo stesso vescovo del vicariato apostolico di Puerto Leguízamo-Solano, mons. Joaquín Humberto Pinzón, ha coraggiosamente celebrato del leader del popolo kwequa, Pablo Panduro Coquinche, e del sedicenne Brayan Pama, che figurano tra le vittime.
“Chiediamo a Dio di fermare tutti gli atti di guerra e di violenza nel nostro territorio e lasciare che la pace e la giustizia regnino e così difendano la vita”, l’appello del vescovo, che attraverso il Sir confida di aver voluto celebrare personalmente il funerale per “rendere omaggio alla comunità indigena. Le salme sono state portate al cimitero, dopo un giro per le vie principali del Comune, accompagnati da studenti che hanno espresso la loro condanna della violenza con cartelloni pubblicitari che riflettevano il desiderio di vivere in un mondo pacifico. Esprimiamo le nostre condoglianze e accompagnamento a famiglie, amici e conoscenti in questi tempi difficili”. “Mai più morti per mano del Governo, non vogliamo più falsi positivi, basta massacri, chiediamo giustizia”, si leggeva nei cartelli che accompagnavano i funerali
Commenta Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani: “Il vescovo ha voluto dare un chiaro segnale che il suo impegno pastorale sta dalla parte delle vittime di un conflitto armato interno che si trascina da quasi sessant’anni. Riemergono dinamiche che hanno indotto la sessione del Tribunale permanente dei popoli a parlare di “genocidio politico” a proposito della storia recente della Colombia, anche dopo gli accordi di pace del 2016. Il grido del vescovo è un gesto controcorrente per difendere la sacralità della vita e della difesa dei diritti umani, in particolare dei popoli indigeni, malgrado le forti tensioni recenti tra l’episcopato e il Governo del presidente Duque, che ha delegittimato le denunce dei vescovi del Pacifico. Questo massacro di 11 indigeni sarà oggetto anche di attenzione di una commissione di verifica dei diritti umani in Colombia, promossa da alcuni parlamentari inglesi e irlandesi in missione in loco dal 3 al 7 aprile”.

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