Abusi: diocesi Piazza Armerina, avvocati mons. Gisana su arresto don Rugolo. “Dal vescovo tutti i passi che le circostanze hanno reso necessari”

“Mons. Gisana ha collaborato con gli organi inquirenti sin dal primo momento in cui la giovane vittima e la sua famiglia hanno preso la decisione di sporgere all’Autorità giudiziaria la denuncia sugli abusi, decisione che – è bene precisarlo – apparteneva insindacabilmente solo al diretto interessato”. Lo dichiarano i legali del vescovo di Piazza Armerina, mons. Rosario Gisana, Maria Teresa Montalbano e Gabriele Cantaro, precisando che “per quanto di sua competenza il vescovo stesso ha compiuto tempestivamente ognuno dei passi che le circostanze di volta in volta hanno reso necessario”. La vicenda è quella degli arresti domiciliari del sacerdote Giuseppe Rugolo, in seguito a presunti abusi sessuali su minori. “Sin dalla prima richiesta di colloquio da parte della famiglia, fatta pervenire al vescovo da parte di un sacerdote della diocesi nell’agosto 2016, mons. Gisana si è immediatamente dichiarato disponibile ad ogni forma di ascolto e valutazione”, spiegano i legali: “È bene ricordare che solo due anni dopo, nell’ottobre 2018, il giovane interessato, già maggiorenne, ha effettivamente deciso di raccontare al vescovo la delicata vicenda che aveva vissuto, consentendo a mons. Gisana di dare immediato avvio all’Investigatio Praevia, secondo le regole del diritto canonico. Essa è stata condotta da giudici rotali esterni alla diocesi, in assoluta indipendenza e con l’audizione dei testi indicati dalle parti”.
Nonostante la decisione di archiviazione presa dai giudici in quella sede, mons. Gisana ha ritenuto comunque di operare un provvedimento di allontanamento nei confronti di Rugolo, con apposito decreto, contenente precise prescrizioni sottoposte alla vigilanza delle autorità ecclesiastiche preposte al suo caso. Gli avvocati Montalbano e Cantaro ribadiscono inoltre con fermezza che “nessuna offerta di denaro è stata effettuata dal vescovo al giovane coinvolto, così come ancora falsamente si continua ad insinuare, mentre numerose sono state al contrario le pressioni ricevute da mons. Gisana da parte dell’avvocato della famiglia per ottenere del denaro”. “Ovviamente, l’unica disponibilità ad assicurare un sostegno economico da parte della diocesi sarebbe stata collegata all’eventuale necessità, inizialmente fatta presente dai genitori, di assicurare al giovane il proseguimento di un percorso terapeutico, non certo con carattere risarcitorio e soprattutto con modalità assolutamente trasparenti”.

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