Ecuador: Arauz, delfino di Correa, in testa in vista del ballottaggio per le presidenziali. Ma la grande sorpresa è il leader indigeno Yaku Pérez. Vescovi, “è l’ora della pace e della riconciliazione”

(Foto ANSA/SIR)

Sarà il ballottaggio in programma l’11 aprile a stabilire il prossimo presidente dell’Ecuador, dopo le elezioni di ieri, svoltesi senza incidenti, ma ancora non è certo chi saranno i contendenti. Certamente partirà dal primo posto Andrés Arauz, il trentacinquenne delfino dell’ex presidente Rafael Correa, che quando lo scrutinio rapido ha superato il 97% è attestato al 32,22% (circa 2 punti sotto i primi exit poll). Grandissima incertezza, invece, su chi sarà lo sfidante. In questo momento è davanti, per un pugno di voti, la grande sorpresa di questo primo turno elettorale, il leader indigeno Yaku Pérez (19,74%), già presidente della provincia dell’Azuay, mentre al terzo posto è colui che alla vigilia era lo sfidante annunciato di Arauz, il banchiere liberale Guillermo Lasso (19,63%), mentre è andato oltre le previsioni anche il socialdemocratico Xavier Hervás (16,02%). Praticamente azzerata l’esperienza di governo del presidente uscente, Lenín Moreno: Ximena Peña, la candidata ufficiale del suo partito, Alianza País, è all’1,52%.

Damiano Scotton

“Il dibattito di queste elezioni – dice al Sir da Cuenca, il feudo di Yaku Pérez, il professor Damiano Scotton, padovano, docente di Relazioni internazionali all’Università dell’Azuay – è stato polarizzato dal ritorno sulla scena politica di Correa, che nonostante la condanna per corruzione e l’impossibilitò al momento di tornare nel Paese dal Belgio, dove vive, ha candidato Arauz, ex presidente del Banco Central, ma fondamentalmente uno sconosciuto. Altri fattori che hanno determinato la campagna elettorale sono stati gli scandali di corruzione, che hanno caratterizzato anche la gestione de Covid-19, con l’arresto, avvenuto qualche mese fa, dell’ex presidente Abdalá Bucaram, e la questione indigena. Pérez aveva partecipato alle proteste dell’ottobre 2019 a Quito ed è espressione di un mondo che ha preso le distanze da Correa ancora quando era presidente”. Scotton ritiene che il ballottaggio non sia scontato, nonostante l’ampio vantaggio di Arauz, proprio per questa polarizzazione, traversale e ben presente nel Paese, tra chi sta con Correa e chi gli è contro. Naturalmente non sarà indifferente se al ballottaggio ci sarà Pérez o Lasso, due leader praticamente agli antipodi.
Già in serata (ora locale), la Conferenza episcopale dell’Ecuador ha diffuso un comunicato, nel quale si complimenta con la cittadinanza per “la prova di maturità civica”, e auspica che i partiti “contribuiscano attivamente al dialogo e alla concertazione”. I vescovi fanno appello a tutti i candidati perché accettino con serenità i risultati, e aggiungono: “È l’ora della pace, della riconciliazione, della fraternità”. Pertanto, “chi vince abbia il coraggio di cancellare dal suo linguaggio e dal suo cuore ogni spirito di vendetta e rivalsa. Chi perde abbia il coraggio di riconoscere la sconfitta e di porre al servizio della patria le proprie idee e intelligenza”.

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