Diritti umani: Murad (Nobel pace 2018), “migliaia di yazidi ancora nelle fosse comuni”

I resti di 104 yazidi massacrati dall’Isis nel 2014 saranno restituiti al villaggio di Kocho, nel Sinjar meridionale, il 6 febbraio. Qui i membri della comunità yazida si riuniranno per una cerimonia di sepoltura. Lo rende noto oggi Nadia Murad, premio Nobel per la Pace 2018, attivista per i diritti umani irachena di religione yazida. La giovane venne rapita, stuprata e resa schiava dall’Isis nel 2014 quando i miliziani dello Stato Islamico, arrivati nel suo villaggio, uccisero 600 membri della comunità yazida, tra i quali alcuni fratelli di Nadia e i loro figli. Tra i corpi che torneranno per la sepoltura anche quelli di due dei fratelli di Murad che si dice “felice di poterli onorare con una sepoltura adeguata” anche se, aggiunge, “il mio cuore è spezzato per le migliaia di famiglie di yazidi i cui cari sono ancora nelle fosse comuni. Si tratta di un peso che grava molto sulla comunità yazida. Più a lungo aspettiamo esumazioni e sepolture onorevoli, più il nostro trauma viene esacerbato e la nostra dignità negata”. Nel comunicato Murad ricorda che “c’è un forte bisogno di finire di identificare i corpi di coloro che sono stati riesumati, tra cui quello della mia amata madre. Ci sono dozzine di fosse comuni a Sinjar” dalle quali attendono ancora di “essere riesumate” le salme. “Le esumazioni e le sepolture per tutte le vittime yazidi del genocidio dovrebbero essere accelerate per rispetto dei defunti e dei sopravvissuti”. Per Murad non basta dare sepoltura ai defunti occorre “perseguire la giustizia per onorare la loro memoria”. A tale riguardo il Premio Nobel per la pace ha fondato, insieme al suo avvocato e alle Nazioni Unite, “Unitad”, un team investigativo per raccogliere prove delle atrocità dell’Isis. “Adesso – rimarca Murad – è responsabilità del governo iracheno e della comunità internazionale agire sulla base di queste prove per perseguire gli autori di questi crimini contro l’umanità. L’attacco al villaggio di Kocho è stato perpetrato da militanti invasori e reclute dell’Isis che si sono uniti dai villaggi vicini al nostro. La maggior parte di questi criminali deve ancora essere identificata, arrestata e processata. Oggi continuano a camminare liberi e a mettere in pericolo i sogni di sicurezza e di protezione della mia comunità nella nostra patria”. Per Murad “non è sufficiente che i combattenti dell’Isis vengano processati come terroristi. Si è trattato di un genocidio pianificato contro gli yazidi massacrando civili, arruolando ragazzi e riducendo in schiavitù sessuale donne e ragazze. Queste non sono solo tattiche di terrore. Queste atrocità sono state commesse con l’intenzione di sradicare il popolo yazida. Se questi crimini di genocidio e violenza sessuale resteranno impuniti questo sarà un precedente che minaccerà ovunque la sicurezza e i diritti umani delle minoranze”. Murad chiude con il ricordo delle 2.800 donne e bambini yazidi ancora costretti nei campi sfollati e tra le macerie delle loro case. “Sentiamo la perseveranza della nostra comunità e la resistenza della nostra fede e dei nostri valori condivisi dai popoli di tutto il mondo, che ci spingono a difendere la nostra dignità e i nostri diritti umani di fronte alla persecuzione e all’indifferenza. Spero che, mentre ci riuniremo per far riposare finalmente i nostri familiari, riaffermeremo il nostro impegno per quei valori promuovendo i diritti umani e la giustizia per tutti gli yazidi”.

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