Coronavirus Covid-19: Comunità di Sant’Egidio, “senza anziani non c’è futuro”. Una “barbarie” considerare le loro vite di “minor valore”

“Nella pandemia del Covid-19 gli anziani sono in pericolo in molti Paesi europei come altrove”. Inizia così l’appello per “ri-umanizzare le nostre società” e dire “no a una sanità selettiva”, nato da una preoccupazione della Comunità di Sant’Egidio sul futuro delle nostre società, emersa in questi giorni durante la crisi causata dal coronavirus. L’appello, che ha come primo firmatario Andrea Riccardi ed è stato tradotto in diverse lingue e diffuso da oggi a livello internazionale, è rivolto a tutti, cittadini e istituzioni, per un deciso cambiamento di mentalità che porti a nuove iniziative, sociali e sanitarie, nei confronti delle popolazioni anziane. “Le drammatiche cifre delle morti in istituto fanno rabbrividire – si legge nell’appello -. Molto ci sarà da rivedere nei sistemi della sanità pubblica e nelle buone pratiche necessarie per raggiungere e curare con efficacia tutti, per superare l’istituzionalizzazione. Siamo preoccupati dalle tristi storie delle stragi di anziani in istituto. Sta prendendo piede l’idea che sia possibile sacrificare le loro vite in favore di altre. Papa Francesco ne parla come ‘cultura dello scarto’: toglie agli anziani il diritto ad essere considerati persone, ma solo un numero e in certi casi nemmeno quello”.
In numerosi Paesi di fronte all’esigenza della cura, si sottolinea nel documento, “sta emergendo un modello pericoloso che privilegia una ‘sanità selettiva’, che considera residuale la vita degli anziani. La loro maggiore vulnerabilità, l’avanzare degli anni, le possibili altre patologie di cui sono portatori, giustificherebbe una forma di ‘scelta’ in favore dei più giovani e dei più sani”.
Ma “rassegnarsi a tale esito è umanamente e giuridicamente inaccettabile. Lo è anche in una visione religiosa della vita, ma pure nella logica dei diritti dell’uomo e nella deontologia medica”. Infatti, “non può essere avallato alcuno ‘stato di necessità’ che legittimi o codifichi deroghe a tali principi. La tesi che una più breve speranza di vita comporti una diminuzione ‘legale’ del suo valore è, da un punto di vista giuridico, una barbarie. Che ciò avvenga mediante un’imposizione (dello Stato o delle autorità sanitarie) esterna alla volontà della persona rappresenta un’ulteriore intollerabile espropriazione dei diritti dell’individuo”.

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