Suicidio assistito: mons. Paglia (Pav) su sentenza Consulta tedesca, “no ad abbandono persone fragili. Risposta è accompagnamento con cure palliative”

Ieri la Corte costituzionale della Germania “ha riconosciuto il diritto al suicidio per i suoi cittadini, per quelli in salute e quelli affetti da malattia. Condivido quanto opportunamente già espresso dalla Conferenza episcopale tedesca. L’ossequio alla autodeterminazione del paziente, in nome della quale si accetta l’intenzionalità suicidiaria, a cui poi si offrono i mezzi di esecuzione, ancora una volta diviene la maschera che nasconde un’impostazione individualista, che abbandona le persone più fragili alla loro sofferenza e alle pressioni di una società sempre più esigente sul piano delle prestazioni e della qualità di vita richieste ai suoi appartenenti”. Così mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, commenta la sentenza con cui ieri la Consulta tedesca ha “aperto” la porta al suicidio assistito. “È dovere di ciascuno di noi ‘occuparsi’ del fratello, anzitutto riconoscendo la preziosità della sua esistenza, che nessuna circostanza di vita, per quanto faticosa, può mai inficiare. Ancora di più forte, però, è il dovere di uno Stato di proteggere sempre i suoi cittadini, soprattutto coloro che soffrono una particolare fragilità, per motivi di natura fisica, psichica, o sociale”, si legge nella dichiarazione appena diffusa. Di qui l’auspicio che “tali orientamenti giurisprudenziali non trovino conferma, ma che gli sviluppi legislativi in questo ambito muovano invece in direzione di una più decisa protezione dei soggetti deboli, tra i quali rientrano certamente tutti coloro che, in un qualche momento della loro vita, pensano al suicidio come soluzione al loro disagio, o alla loro sofferenza”. Paglia non nega “l’esistenza della sofferenza umana, a volte atroce,  e capace di condurre la persona sulla soglia della disperazione”. Ma, obietta, “sappiamo anche che in queste situazioni possiamo e dobbiamo offrire una soluzione migliore e veramente degna della humana communitas”. L’esperienza consolidata e ampiamente diffusa delle cure palliative dimostra che” il ‘prendersi cura’ è risposta sempre efficace, che anche quando non cambia il destino umano e l’evoluzione di una malattia, sempre assicura sollievo, conforto e consolazione”.

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