Aree interne: mons. Leuzzi (Teramo-Atri), “coniugare appartenenza e senso di globalità”. Commissario Castelli, “niente ricostruzione senza rivitalizzare tessuto sociale”

Convegno Teramo (Foto diocesi)

“In un mondo globalizzato l’appartenenza territoriale a comunità è importante. Solo a partire da questo senso di appartenenza è possibile valorizzare e aiutare i giovani talenti. Quelli lontani a sentirsi parte di una comunità locale. Quelli che decidono di restare nei luoghi d’origine ad aiutarli a comprendere che la loro permanenza non è una scelta di marginalità ma è una scelta importante per la costruzione di tutta la società. Dunque la chiave per il futuro delle aree interne è coniugare appartenenza e senso di globalità”. Lo ha detto oggi mons. Lorenzo Leuzzi , vescovo di Teramo-Atri, al convegno sulle Aree Interne che ha aperto le iniziative dell’Anno Berardiano in corso a Montorio al Vomano. “(Ri)Abitare il futuro” il tema della tavola rotonda promossa dalla Caritas diocesana cui hanno partecipato, tra gli altri, i sindaci del territorio, le autorità locali e il nuovo Commissario straordinario alla ricostruzione post sisma 2016, Guido Castelli. Nel suo intervento il senatore ha posto l’accento sugli aspetti umani e sociali legati alla ricostruzione rispetto a quelli tecnici. “Non c’è ricostruzione possibile senza riparare e rivitalizzare il tessuto sociale profondo di questi territori: le imprese, la cooperazione, volontariato. In Abruzzo non è stata alzata bandiera bianca, non c’è rassegnazione. Occorre intercettare una vitalità che è presente. Due sono però le precondizioni per un rilancio di queste realtà che sono l’ossatura della nostra identità nazionale: il tema delle famiglie e della possibilità di mettere al mondo figli, tema che deve essere orizzontale a tutte le altre politiche, e quello della terza età perché se da una parte si nasce meno, dall’altra si vive più a lungo. Questi borghi – ha concluso Castelli – devono avere strutture tali da esaltare la domiciliarità per le persone anziane. Serve un’attitudine antropologica a farsi prossimi. Senza ciò non esiste ricostruzione possibile”.

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