Famiglie: Iref-Acli, “quelle più ricche spendono in sanità in media fino a 4 volte di più rispetto a quelle povere”

Le famiglie residenti nelle grandi città dichiarano redditi medi superiori del 17% rispetto a quelle delle aree interne. Il gap può arrivare a oltre 9.000 euro annui tra i nuclei familiari più ricchi a seconda dell’area geografica. Questi alcuni dei dati che emergono da una nuova ricerca dell’Iref dedicata al reddito delle famiglie italiane, sulla base di dati rigorosamente anonimi forniti dal Caf di circa 550mila nuclei familiari riferiti a cinque anni fiscali consecutivi (2020-2024). Alla vigilia della Giornata internazionale della famiglia, le Acli osservano che “anche considerando differenti composizioni familiari, con diversi livelli di impegno nel mercato del lavoro e carichi non si appiana il gap reddituale tra città e territori marginali. L’unica comunanza che si riscontra è nei redditi molto bassi, rispetto ai quali la geografia non fa purtroppo grande differenza”. Per quando riguarda invece il settore della salute, la ricerca mette in evidenza come “la spesa sanitaria riflette chiaramente le disuguaglianze: le famiglie più ricche spendono in media fino a 4 volte di più rispetto a quelle povere. Le detrazioni per spese sanitarie sono altamente correlate al reddito, evidenziando il rischio che la salute da diritto universale diventi un privilegio”. Altro dato messo in luce è quello di un “ceto medio in ritirata”: “L’aver a disposizione dei dati panel, riferiti alle stesse famiglie in periodi diversi – viene spiegato in un comunicato –, permette di quantificare in modo preciso la consistenza del ceto medio, nonché le dinamiche di impoverimento che sembrano caratterizzare questo segmento socioeconomico”. Tra il 2020 e il 2024, la percentuale di famiglie appartenenti al ceto medio (reddito tra il 70% e il 200% del reddito mediano) è scesa dal 59,6% al 54,9%. In particolare, oltre 55.000 famiglie sono passate dal ceto medio al ceto inferiore. In sostanza il 10% delle famiglie del panel è passata dal ceto medio al ceto inferiore mentre solo lo 0,8% è riuscito a salire al ceto superiore. “La ricerca di restituisce una fotografia inedita e preoccupante – afferma il direttore dell’Iref, Gianfranco Zucca – e conferma come il ceto medio sia sempre più fragile, stretto tra difficoltà economiche persistenti e scarse opportunità di mobilità ascendente”.

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