Ucraina: mons. Kulbokas (nunzio) a Tg2000, “serve una pace giusta, l’unica che funziona”

“È necessario perseguire una pace pratica, rispetto a un principio teorico, che garantisca la fine delle aggressioni e il recupero della legalità. È tutto da costruire e inventare, ci vuole tanta creatività”. Lo afferma il nunzio apostolico in Ucraina, mons. Visvaldas Kulbokas, in un’intervista al Tg2000, il telegiornale di Tv2000 sottolineando che “il recupero della legalità internazionale fa parte del concetto di ‘pace giusta’”. “La pace giusta – ribadisce il nunzio al microfono dell’inviato del Tg2000, Vito D’Ettorre – è quella che può funzionare al meglio per tutti. Ci avviciniamo al concetto della Dottrina sociale della Chiesa: il bene comune. Ciò che è meglio per noi tutti”. “Papa Francesco fin da subito – prosegue mons. Kulbokas – ha compiuto dei passi. Ho apprezzato moltissimo il card. Zuppi. Ad oggi non si può ancora pretendere di risolvere le questioni direttamente coinvolte nella guerra ma ci si deve concentrare maggiormente sugli aspetti umanitari. Spesso mancano medicine e acqua. È una sofferenza che riguarda decine di migliaia di persone. Già risolvere le difficoltà di una vita umana significa compiere un piccolo passo verso la pace, perché la pace si costruisce insieme”. “Come nunziatura – aggiunge mons. Kulbokas – abbiamo cercato di aiutare a concordare un corridoio umanitario tra Kiev e Vorzel. In particolare abbiamo lavorato affinché un orfanotrofio venisse evacuato da Vorzel verso Kiev. Si trattava di bambini di un’età compresa tra 5 mesi e 5 anni. Erano bambini orfani che avevano passato 2-3 giorni senza luce, senza riscaldamento, al freddo e anche senza cibo. Questo è stato il primo momento in cui ho pianto nel vedere i loro volti”. “Nell’attività diplomatica e umanitaria si è cercato di costruire qualche contatto che funzioni perché i contatti tra Ucraina e Russia – conclude mons. Kulbokas a Tv2000 – ci sono ma non sono sufficienti. C’è bisogno che funzionino e si arrivi a una decisione politica. Oltre all’attività diplomatica dobbiamo certamente continuare anche con la preghiera”.

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