Sudan: Amnesty sollecita l’Unione europea e gli Stati membri, “proteggere i civili”

“Occorre una risposta decisa contro le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario”. In una lettera indirizzata all’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borell Fontelles, Amnesty international ha esortato l’Unione europea e gli Stati membri ad “agire con urgenza rispetto alla protezione dei diritti umani dei civili colpiti dal conflitto in Sudan”. Secondo i dati diffusi dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, dall’inizio del conflitto scoppiato il 15 aprile tra le Forze armate sudanesi (Fsa) e i paramilitari delle Forze di supporto rapido (Fsr) al 1° maggio sarebbero quasi 115.000 le persone fuggite dal Sudan verso i Paesi vicini. L’Organizzazione internazionale per le migrazioni stima che, tra il 15 e il 22 aprile, almeno 75.000 persone siano sfollate all’interno. “Mentre le parti in conflitto violano il diritto internazionale umanitario utilizzando armi pesanti in zone densamente popolate della capitale Khartoum, milioni di persone sono intrappolate nelle proprie case”, ricorda Amnesty, che continua a ricevere segnalazioni di uccisioni illegali di civili in tutto il Paese, di attacchi indiscriminati e violenze. “Molte persone che avevano presentato richiesta di visto, prima della crisi, alle ambasciate dell’Unione europea, sono ora prive dei propri documenti di viaggio a causa della frettolosa chiusura delle sedi diplomatiche: è urgente garantire loro l’accesso a copie di documenti o a lettere che riconoscano la loro situazione, così da consentirne l’uscita dal Paese”, raccomanda l’organizzazione per i diritti umani.
Amnesty chiede all’Ue e agli Stati membri di garantire, tra l’altro, “la sospensione di qualsiasi operazione di rimpatrio nei confronti di cittadini/e sudanesi; l’apertura di canali d’ingresso sicuri e regolari verso gli Stati europei; l’eliminazione di qualsiasi ostacolo alle procedure di asilo, in particolare attraverso la sospensione dell’obbligo di visto, l’eliminazione dei requisiti di documentazione superflui per gli spostamenti e il rilascio di documenti di viaggio di emergenza all’interno del Paese o negli stati limitrofi; la revisione urgente dei programmi di cooperazione volti a rafforzare la gestione delle frontiere negli Stati terzi”. Chiede inoltre di “esortare pubblicamente le parti in conflitto a proteggere i civili e le infrastrutture civili; denunciare pubblicamente le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario; richiedere la convocazione di una sessione di emergenza del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, affinché istituisca un meccanismo investigativo indipendente sulle violazioni dei diritti umani commesse in Sudan già dall’ottobre 2021; fornire sostegno immediato e assistenza umanitaria” ed “agire per proteggere e promuovere l’operato di difensori dei diritti umani, degli attivisti e della società civile che si trovano ancora in Sudan e che rischiano di subire attacchi e violenze”.

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