Diocesi: Perugia, sabato la Gmg nella chiesa delle clarisse di Città della Pieve. L’arcivescovo Maffeis, “sperare è scommettere su Gesù di Nazareth”

foto diocesi Perugia Città della Pieve

“Sono i poveri ad avere il segreto della speranza. Oggi si vive tutto in fretta, non c’è tempo per sperare, solo per pretendere, per rivendicare… Siete venuti in un monastero di clarisse, che prendono il nome da santa Chiara. Una donna che ha vissuto di speranza, perché aveva un cuore di povera. Avere un cuore di povera vuol dire contare su Dio solo. Non sulle mie capacità, le mie personali risorse, i miei programmi… Su Dio solo, che sempre si china sulla povertà dei suoi figli, come su un grembo spalancato”. Con queste parole le clarisse del monastero di Santa Lucia in Città della Pieve (Pg) hanno accolto, nella serata del 25 novembre, i giovani partecipanti all’incontro diocesano della XXXVIII Gmg celebrata nelle Chiese particolari la domenica della solennità di Cristo Re (26 novembre), dedicata al tema scelto da Papa Francesco “Lieti nella Speranza” (Rm 12,12). Insieme ai giovani l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, mons. Ivan Maffeis, il vicario generale, don Simone Sorbaioli, e diversi sacerdoti.
Forte l’esperienza di speranza di Chiara e Giovanni Segantin, i coniugi responsabili dell’opera segno di carità “Il Casolare” in Sanfatucchio (Castiglione del Lago, Pg). Hanno raccontato la storia di Edison, il loro figlio adottivo venuto a mancare un mese fa. Era un ragazzo kosovaro, affetto da gravi patologie fin dalla nascita, vissuto con loro tredici anni grazie all’amore di quanti si sono presi cura di lui al “Casolare”. Mons. Maffeis ha esortato i giovani a guardarsi dentro: “Dobbiamo guardare dentro a noi stessi per avere la possibilità di sperare in questo tempo che è un deserto e per ‘esercizio’ – ha detto –; lo faccio di frequente dando un nome a chi mi indica motivi di speranza, come Chiara e Giovanni… Sono persone che sanno testimoniare quanto la vita sia un dono inestimabile. Penso a quanti si spendono con generosità per il bene comune, come gli amministratori locali, ai miei preti che ci aiutano davvero a sperare, come a quanti non usano la forza, la violenza, l’aggressività né fisica, né verbale, ma sanno costruire rapporti buoni, di amicizia, di affetto, di dono. Penso alle nostre monache clarisse che ci ricordano il primato di Dio lasciandoci raggiungere dalla sua Parola, dal suo Amore”. “Sperare per un cristiano significa scommettere su Gesù di Nazareth – ha osservato l’arcivescovo –. La speranza è a caro prezzo ed ha a che fare con la vita, di farti carico e vicino agli altri”.

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