Ucraina: diocesi Albano, 2mila persone in piazza ad Aprilia per la marcia per la pace

Oltre 2mila persone hanno accolto, ieri, l’invito della diocesi di Albano e del vescovo Vincenzo Viva a camminare insieme per la pace, ritrovandosi con i rappresentanti delle diverse religioni e confessioni cristiane ad Aprilia per lanciare un appello alla pace, in Ucraina e in tutto il mondo.
La marcia, composta e silenziosa, è partita dal parco Falcone e Borsellino, in via dei Mille e da lì si è snodata attraverso corso Papa Giovanni XXIII, per raggiungere piazza Roma e il sagrato della chiesa di San Michele arcangelo, dove hanno preso la parola i rappresentanti delle diverse confessioni religiose presenti, accolti dal sindaco di Aprilia, Antonio Terra, il quale, nel suo intervento, ha posto l’accento sul lavoro di accoglienza dei profughi, che sta già impegnando le istituzioni locali.
Quindi, hanno portato il loro messaggio di pace Bal, rappresentante della comunità Sikh, Marco Davite, per la comunità evangelica ecumenica di Albano, Paola Morisco e Giorgio Scanavin della comunità Bahà’ì, Roberto Negri, anziano della chiesa di Cristo di Aprilia e padre Cristian Tuturoi, rappresentante della diocesi Ortodossa romena d’Italia, prima dell’intervento del vescovo di Albano, Vincenzo Viva. “Nella seconda guerra mondiale – ha detto mons. Viva – Aprilia era chiamata dagli Alleati ‘the factory’, perché sembra che qui il centro fosse fatto di tante case di mattoni rossi, che richiamavano in qualche modo l’idea di una fabbrica. Questa sera, però, non vediamo mattoni rossi, ma pietre vive, che siete tutti voi, per costruire una piazza per la pace. Vediamo artigiani di pace: voi che avete accolto l’invito della nostra chiesa locale a camminare insieme. La piazza è uno spazio aperto, un luogo dove ci si incontra e ognuno è libero di muoversi e andare con i suoi pensieri e la sua identità. È il luogo dell’ascolto e credo che questo sia il primo presupposto per la vera pace: ascoltarsi reciprocamente, mettere da parte il proprio ‘io’ per aprirsi all’altro, vederlo come fratello e non come minaccia. L’ascolto e l’accoglienza dell’altro rendono possibile la pace”.

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