Disturbi alimentari: Pacifici (Iss), “offriamo a chi soffre e alle famiglie una mappa delle risorse presenti sul territorio e della loro offerta assistenziale”

L’accesso presso i servizi dedicati alla cura dei disturbi alimentari avviene solitamente in modalità diretta, su richiesta del paziente (83%). Le prestazioni vengono generalmente erogate dietro pagamento del ticket sanitario (78%) ma possono essere fornite anche gratuitamente (29%) o essere erogate in regime di intramoenia (9%). Quasi tutti i Servizi censiti rilevano l’esordio della patologia (98%), il tempo trascorso tra l’esordio e la presa in carico del paziente (97%) ed eventuali trattamenti pregressi (98%). È quanto emerge dalla mappatura dei centri del Ssn effettuata dall’Istituto superiore di sanità (Iss).
I centri censiti propongono percorsi terapeutici multimodali, i livelli di assistenza sono a carattere prevalentemente ambulatoriale di tipo specialistico (92%) ma anche intensivi ambulatoriali o semiresidenziali (62%), mentre la riabilitazione intensiva residenziale è offerta nel 17% delle strutture.
“Il progetto – dice Roberta Pacifici responsabile del Centro nazionale dipendenze e doping dell’Iss – nasce con lo scopo di offrire ai cittadini affetti da tali patologie, alle loro famiglie e agli operatori sanitari che se ne occupano una mappa delle risorse presenti sul territorio e della loro offerta assistenziale, per facilitarne conoscenza ed accesso”.
L’emergenza pandemica, inoltre, ha avuto effetti pesanti sulle persone che soffrono di tali disturbi.
“Il contesto emergenziale Covid-19 non ha, però, fermato la lotta ai Dca – continua Pacifici -. Un simile scenario ha sollecitato un forte ed efficace impegno comune per indirizzare le strategie politiche e di intervento pubblico verso nuove forme di governance. Per questo motivo, consapevoli degli ulteriori disagi che tale emergenza sanitaria ha causato ai pazienti e ai loro familiari, il Ministero della Salute e l’Istituto superiore di sanità hanno ritenuto più che mai di fondamentale importanza la disponibilità di un ‘primo riferimento’ e, a tal fine, hanno fortemente sostenuto la mappatura territoriale dei centri dedicati alla cura dei Dna al fine di garantire ai cittadini affetti da tali patologie e alle loro famiglie i migliori livelli di accesso e appropriatezza dell’intervento”.

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