Consumo di suolo: Rota (Fai Cisl), “la sfida è recuperare l’esistente, riciclare gli scarti, riconvertire le produzioni, rigenerare i tessuti urbani”

“Allarmante la nuova fotografia scattata nel Rapporto 2021 sul consumo di suolo in Italia. Nel 2020, coperti 2 metri quadri di suolo al secondo, ridotte drasticamente le produzioni agricole, compromessa la permeabilità dei terreni, contribuito all’innalzamento delle temperature. Se non saranno messe in campo azioni urgenti e strutturali, anche grazie alle risorse del Pnrr, le prospettive sono preoccupanti sia in termini di salute pubblica sia di approvvigionamento di prodotti agricoli e tutela del territorio”. Così Onofrio Rota, segretario generale della Fai Cisl, commenta i nuovi dati pubblicati oggi sul consumo di suolo, analizzati dal Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa) .
“Diminuiscono i frutteti, i seminativi, i vigneti, gli oliveti, le aree verdi – aggiunge il sindacalista – cioè quei terreni in grado di darci il cibo, di purificare l’aria che respiriamo, di accogliere le piogge. Siamo ben lontani dall’obiettivo del consumo netto di suolo pari a zero, entro il 2050, dell’Unione europea. La vera sfida della transizione ecologica si racchiude in quattro punti: recuperare l’esistente, riciclare gli scarti, riconvertire le produzioni, rigenerare i tessuti urbani. Fondamentale, da questo punto di vista, valorizzare le professioni che contribuiscono concretamente alla tutela e salvaguardia del territorio, come gli operai idraulico forestali e dei consorzi di bonifica”.
Dai nuovi dati emerge che nel 2020 sono stati cementificati quasi 60 chilometri quadrati del nostro Paese, impermeabilizzando il 7,11% del territorio nazionale. Dal 2012 ad oggi il suolo non ha potuto garantire la fornitura di 4 milioni e 155mila quintali di prodotti agricoli e l’infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana, aumentando il rischio idrogeologico.
“A preoccupare – aggiunge il leader della Federazione agroalimentare e ambientale – è anche il costo che l’Italia potrebbe essere costretta a sostenere, tra il 2012 e il 2030, a causa della perdita di servizi ecosistemici, stimato tra gli 81 e i 99 miliardi di euro, in pratica la metà del Pnrr. A riprova del fatto che investire sul lavoro ambientale per tutelare il territorio conviene anche dal punto di vista della sostenibilità economica. Il vero guaio è che continuiamo a consumare suolo rurale a favore delle aree urbane, e non di infrastrutture strategiche, trascurando il fatto che per l’Italia l’infrastruttura principale è proprio quella verde: boschi, paesaggio, aree rurali”. Rota conclude: “Anche con la nostra campagna ‘Non c’è cibo senza terra’ chiediamo da tempo di mettere fine a quelle politiche che contribuiscono a questo scenario. Serve una politica che sia davvero all’altezza delle sfide che ci attendono: quella della transizione ecologica è tra le più urgenti”.

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