Caporalato: Prandini (Coldiretti), “spezzare la catena dello sfruttamento alimentata da pratiche commerciali sleali e da distorsioni lungo la filiera”

“Il patto di filiera contro il caporalato rappresenta un’importante azione di responsabilizzazione delle istituzioni nazionali e locali per combattere inquietanti fenomeni malavitosi che umiliano gli uomini e il loro lavoro e gettano un’ombra su un settore che ha scelto con decisione la strada dell’attenzione alla sicurezza alimentare e ambientale”. Lo afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, che questa mattina al Viminale ha firmato il Protocollo per la prevenzione e il contrasto dello sfruttamento lavorativo in agricoltura e del caporalato siglato questa mattina.
“È importante l’impegno dei rappresentanti del Governo per consolidare, ampliare e rafforzare i contratti di filiera anche mediante il ricorso alle risorse rese disponibili dalla programmazione complementare al Pnrr”, ha aggiunto Prandini, secondo cui “occorre spezzare la catena dello sfruttamento che si alimenta pure dalle pratiche sleali commerciali e dalle distorsioni lungo la filiera, dalla distribuzione all’industria fino alle campagne dove i prodotti agricoli pagati sottocosto pochi centesimi spingono le imprese oneste a chiudere e a lasciare spazio all’illegalità”. “Il risultato – denuncia Coldiretti – è che, ad esempio, quando si acquista una passata al supermercato si paga più per la confezione che per il pomodoro contenuto. In una bottiglia di passata di pomodoro da 700 ml in vendita mediamente a 1,3 euro oltre la metà del valore (53%), secondo la Coldiretti, è il margine della distribuzione commerciale con le promozioni, il 18% sono i costi di produzione industriali, il 10% è il costo della bottiglia, l’8% è il valore riconosciuto al pomodoro, il 6% ai trasporti, il 3% al tappo e all’etichetta e il 2% per la pubblicità”. “Un paradosso – viene spiegato – che è favorito dalla concorrenza sleale delle importazioni low cost dall’estero con quasi 1 prodotto alimentare su 5 importato in Italia che non rispetta le normative in materia di tutela della salute e dell’ambiente o i diritti dei lavoratori vigenti nel nostro Paese, spesso anche grazie ad agevolazioni e accordi preferenziali stipulati dall’Unione europea”.

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