Diocesi: Caritas Latina, nella Mensa don Bragazzi cento pasti al giorno per i più poveri

Distribuisce cento pasti al giorno per 33.565 accessi annui (dato 2020) di persone, provenienti dal Comune di Latina e da quelli limitrofi, in situazione di forte disagio economico e sociale. Questo l’impegno della Mensa Caritas, intitolata a don Adriano Bragazzi, istituita nel 2002 nel cuore del “Villaggio Trieste”. “Nel corso degli anni – spiega Angelo Raponi, direttore della Caritas di Latina –, siamo riusciti ad assistere un crescente numero di persone provenienti, in genere, da situazioni di forte disagio economico e sociale, in maggioranza stranieri, ma ci sono anche italiani, circa il 25% dell’utenza, che hanno perso il lavoro a causa della crisi economica che ha colpito duramente la nostra provincia, aggravata dallo scoppio della pandemia”.
L’8xmille rappresenta la risorsa che ha permesso di avviare la struttura nel 2003, quando la diocesi acquistò l’immobile dove la Mensa ha sede, e che consente di fare fronte alla gestione quotidiana. “Anche per il 2021, come negli anni passati, potremo contare su 50.000 euro provenienti dai fondi della Chiesa cattolica – dice Raponi –. La nostra realtà è una palestra di servizi di volontariato che ci permette di fare la differenza per tanti. Ogni giorno chi viene è certo di trovare non solo un pasto caldo ma anche delle persone pronte ad accoglierle e a scambiare una parola”.
Una squadra di 400 volontari, coordinati da un operatore, organizzati in 24 gruppi, con una turnazione settimanale o mensile, garantisce per 365 giorni l’anno che, ogni giorno, sia pronta la cena in tavola. Da quando è scoppiata l’emergenza sanitaria il servizio è stato rimodulato con una distribuzione pasti da asporto, raggiungendo 160 persone al giorno anziché le abituali 100. “Faccio come a casa mia – spiega Maria, cuoca volontaria della mensa –. Arrivo in mensa e cominciamo a cucinare utilizzando i prodotti a disposizione. Durante la pandemia ho pensato di preparare i piatti a casa. Peppe mi portava bustoni enormi di verdure, che mi mandava su con l’ascensore, e io quando le avevo cotte le rimandavo giù. Aiutare gli altri per me è dovuto, sento che lo devo fare”. “Vengo qua e sono contento, anche se lavoro, faccio sacrifici – aggiunge Giuseppe, cuoco volontario – ma sono felice di fare questo tipo di servizio”.

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