Ente dello Spettacolo: Rivista del Cinematografo, nel numero di aprile una riflessione sul cinema post-pandemia

“Sarà possibile fare cinema dopo la pandemia? Quale cinema? Solo per distrazione? O sarà impossibile riderne? L’essenza della catastrofe è imprigionabile nell’immagine? Abbiamo bisogno di un’arte che le componga, le modelli, le interroghi, le narri. Un’arte che ci risani proprio laddove le forme della cronaca ci avvelenano. Serve un cuore per fare questo, serve anche al cinema”. Lo scrive mons. Davide Milani, direttore della Rivista del Cinematografo, nel suo editoriale del numero di aprile del periodico.
Il numero della rivista propone un’ampia riflessione sugli effetti collaterali del cortocircuito fra realtà e narrazione cinematografica, a partire da una delle immagini simbolo dell’ultimo anno: la preghiera di Papa Francesco in una Piazza San Pietro deserta, il 27 marzo 2020. Mons. Milani ne ha parlato con Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, in una lunga conversazione per ragionare sulla nascita di quel momento di preghiera diventato immediatamente “evento” e sulla capacità della struttura del Vaticano di costruire comunicazione, narrazioni, coinvolgimento, immagini che sopravvivono al momento e interpretano il tempo in cui accadono.
La cover story “Quel che resta del cinema” accoglie anche gli interventi di studiosi, critici e osservatori: Alberto Abruzzese (sociologo e scrittore) analizza “le nuove visioni, fluttuanti nel tempo e nello spazio”, della settima arte, in continua evoluzione; Alberto Barbera (direttore artistico della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia) affronta il tema della trasmigrazione dall’analogico al digitale dal Novecento al millennio in corso; Federico Pontiggia (redattore della RdC) riflette sulla sospensione dell’incredulità richiesta dalla realtà e non più dal cinema; Paolo Bertolin (critico e programmatore di festival) ragiona sulle tendenze del linguaggio contemporaneo, tra ibridazioni, commistioni di genere, nuove rivendicazioni; e Simona Argentieri (psicoanalista) propone un “viaggio al termine dell’audiovisivo”, per capire se stiamo conoscendo il senso della fine o la fine del senso. L’articolo di Paolo Baldini passa in rassegna le opere in gara per gli Oscar. Tra queste, anche la favorita Nomadland della regista Chloé Zhao, prima donna di origini cinesi candidata come miglior regista e intervistata da Federico Pontiggia, che ha dialogato anche con un altro protagonista, Alexander Nanau, autore di Collective, candidato sia come miglior documentario sia come miglior film straniero.

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