Ergastolo ostativo: Ramonda (Apg23), “se l’Italia non si dota di un efficace sistema rieducativo non risolverà i problemi del sistema carcerario”

“L’ergastolo ostativo è incostituzionale perché disumano in quanto elimina la speranza. Anche gli ergastolani hanno il diritto di dare la prova che sono cambiati. Il problema non è la durata ma l’efficacia della pena”. Lo dichiara Giovanni Paolo Ramonda, presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, in merito all’ordinanza della Corte Costituzionale sull’incompatibilità dell’ergastolo ostativo con la Costituzione.
“L’attuale carcere – denuncia Ramonda – non rieduca, per cui la maggior parte di chi esce di prigione poi torna dentro con pene ancora più pesanti. Pertanto se l’Italia non si dota di un efficace sistema rieducativo come quello che noi applichiamo nelle nostre comunità per carcerati allora non risolverà i problemi del sistema carcerario”. Come ricorda il presidente della Comunità Papa Giovanni XXIII, “fu don Benzi a mettersi per primo al fianco degli ergastolani: una persona condannata, diceva don Oreste, deve pagare per i suoi delitti, ma può riscattarsi e cambiare vita, perché l’uomo non è il suo errore”. “Attualmente – evidenzia Ramonda – gestiamo 10 Comunità educanti con i carcerati. Seguono un metodo duro, più impegnativo del carcere. Chi lo completa è nella gran parte dei casi una persona nuova, non più un pericolo ma una risorsa per la società. Se questa esperienza funziona perché non promuoverla?”.
Nelle 10 Comunità educanti con i carcerati (Cec), strutture dove i detenuti sono rieducati attraverso esperienze di servizio ai più deboli, sono ad oggi presenti 290 detenuti. Negli ultimi 10 anni sono state accolte 695 persone.
La Comunità Papa Giovanni XXIII sottolinea come questo approccio faccia crollare la recidiva: “Per chi esce dal carcere – viene spiegato – la tendenza a commettere di nuovo dei reati, la cosiddetta recidiva, è il 75% dei casi. Invece nelle comunità della Papa Giovanni, dove i detenuti sono rieducati attraverso esperienze di servizio ai più deboli, i casi di recidiva sono appena il 15%”.

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