Rosario Livatino: mons. Perego (Ferrara), “ci ricorda che la salita al Paradiso passa dall’impegno per la ricerca della giustizia e dall’esercizio della carità”

Rosario Livatino “è ‘Servo di Dio’, perché ha messo la sua vita al servizio dell’amore a Dio e al prossimo con tutto se stesso, anima e corpo, e come se stesso: lo spiega anche la sigla che il giudice poneva al termine di alcuni suoi scritti e che significa ‘nelle mani di Dio’”. Lo ha ricordato ieri l’arcivescovo di Ferrara-Comacchio, mons. GianCarlo Perego, in occasione della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie che ci celebra, ogni anno, con l’inizio della primavera.
“Il giudice Rosario Livatino aveva 38 anni quando è stato ucciso dalla Mafia, il 21 settembre 1990, nei campi tra Canicattì e Agrigento. Ho visto quei campi, già segnati dal dolore e dalla fatica e oggi anche dal sangue”, ha affermato l’arcivescovo, parlando di “una morte tra le tante, che ha colpito uomini di legge, di polizia, preti, giornalisti, amministratori”. “Il 21 marzo di ogni anno – ha proseguito – vogliamo ricordare insieme questi uomini e donne che hanno amato la giustizia, difeso la libertà, preteso la legalità fino a dare la vita: vittime della criminalità mafiosa”. Ma “il giudice Livatino assume un significato particolare per la Chiesa, perché la sua testimonianza contro la mafia fino a dare la sua vita è stata anche una testimonianza di fede, un martirio”, ha osservato Perego, evidenziando che “Livatino è stato ucciso anche in odio alla fede, perché riteneva che ‘il rendere giustizia è realizzazione di sé, è preghiera, è dedizione di sé a Dio’”. “Impegnato nell’Azione Cattolica, il giudice Livatino ha fatto della storia il luogo della sua testimonianza laicale, nella quotidianità di un lavoro appassionato, nella fedeltà alla preghiera – prima di iniziare il lavoro ogni giorno nella chiesa di S. Giuseppe, l’uomo ‘giusto’ – e alla partecipazione all’Eucaristia domenicale, nella ricerca della giustizia aperta anche alla carità”, ha aggiunto l’arcivescovo: “In questo giorno dedicato ai martiri della legalità, alle vittime della mafia il volto di un giovane magistrato ci viene incontro e ci ricorda che la salita al Paradiso passa dall’impegno di tutti per la ricerca della giustizia e dall’esercizio della carità. Sempre”.

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