Rifugiati: Azione contro la fame, “esclusi dagli aiuti di emergenza o dalle politiche di sviluppo”

“Sul campo, i nostri team vedono, ogni giorno, che un certo numero di campi profughi o insediamenti informali sono esclusi dagli aiuti di emergenza o dalle politiche di sviluppo. In queste zone, il sovraffollamento e l’impossibilità di accedere all’acqua rendono inefficace tutte le misure di contenimento e il distanziamento sociale promossi nell’ottica di prevenire la diffusione del virus”. Lo dichiara Simone Garroni, direttore generale di Azione contro la fame, alla vigilia della Giornata mondiale dei rifugiati. Dopo aver ricordato i casi di Libano e Bangladesh, dove si trovano vasti campi per i rifugiati, l’attenzione è per la Colombia che, oggi, “ha più paura della fame determinata dal coronavirus che della pandemia stessa”. Qui, dove all’inizio dell’anno è stata stimata la presenza di 1,8 milioni di migranti venezuelani, i team di Azione contro la Fame hanno constatato che “il 48% di loro non disponeva di alcuna fonte di reddito dopo il confinamento, contro il 4% rilevato prima delle misure di isolamento. Più in generale, in America Latina, gli effetti dell’emergenza-Covid creeranno in questa vasta area 29 milioni di nuovi poveri”. “La risposta internazionale alla crisi deve essere globale e includere tutte le popolazioni, comprese quelle costrette a fuggire dalle proprie abitazioni, con particolare riferimento alle persone anziane, alle donne e ai bambini – conclude Garroni –. Sul versante della lotta alla pandemia, inoltre, le autorità nazionali devono trattare i rifugiati e i richiedenti asilo allo stesso modo degli altri cittadini”.

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