Coronavirus Covid-19: Uecoop, “Lombardia riavvia centri per disabili, il rischio è riduzione numero assistiti”

“Con la Fase 2 dell’emergenza coronavirus la Lombardia avvia la riapertura dei centri per l’assistenza a 14mila disabili”. È quanto emerge da una analisi dell’Unione europea delle cooperative (Uecoop) in riferimento alla pubblicazione da parte della Regione delle linee guida per i piani di sicurezza nelle strutture coinvolte. “Il settore in Lombardia – spiega Uecoop – svolge un ruolo strategico nell’assistenza alle famiglie che hanno dovuto affrontare enormi difficoltà nella gestione di figli o parenti disabili. Una fascia di popolazione che prima del lockdown veniva seguita da oltre 600 centri di assistenza, in 4 casi su 5 (80,6%) privati e il resto in mano pubblica”. Perciò, “la ripartenza dei centri semiresidenziali diurni in Lombardia – continua Uecoop – è un passo fondamentale per il ritorno alla normalità pur nella garanzia delle migliori misure di precauzione per ospiti, parenti e personale coinvolto”. La riapertura in una delle regioni epicentro dell’epidemia “sarà graduale in collaborazione con sanità locale, ma – sottolinea Uecoop – il rischio è che nelle strutture coinvolte si decida di ripartire riducendo il numero dei disabili assistiti, a causa dei limiti imposti dal distanziamento e per la necessità di reperire nuovo personale per il lavoro su più turni”. Le linee guida della Regione per i piani sicurezza fanno infatti riferimento alle distanze da tenere, agli spazi a disposizione per gli ospiti, alle attività che è possibile svolgere, ai dispositivi di protezione come mascherine e guanti, alla gestione dei locali “organizzando l’accesso secondo turni mattutini e pomeridiani o solo in alcuni giorni della settimana e potendo prevedere l’estensione delle attività oltre le 5 giornate settimanali e anche durante il periodo estivo”. Secondo Uecoop, “è necessario intervenire con risorse specifiche per un settore che non garantisce solo migliaia di posti di lavoro ma offre un servizio vitale per le famiglie che con la Fase 2 stanno tornando ai ritmi di vita pre-lockdown e che quindi durante l’orario di lavoro non possono più seguire di persona i parenti o i figli disabili”.

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