Ecumenismo: Morandini (Sae), “andare oltre l’androcentrismo, guardare alla giustizia come parola qualificante e pacificante”

(Foto: Laura Caffagnini per il Sae)

La 59ª sessione di formazione del Sae (Segretariato attività ecumeniche), iniziata stamattina ad Assisi sul tema “Chiese inclusive per donne nuove e uomini nuovi”, rientra nel cammino ecumenico, come ha sottolineato, in apertura dei lavori, Simone Morandini, Morandini, membro del Comitato esecutivo del Sae. Il complesso rapporto donne, uomini, Chiese, ha evidenziato Morandini, “è un tema importante per la nostra condizione di credenti, ma anche per il movimento ecumenico, già toccato nelle prime conferenze anche prima del sorgere del Consiglio ecumenico della Chiese (Cec). Già prima della I Assemblea costitutiva di Amsterdam del 1948, infatti, il Cec in formazione era stato chiamato a dimostrare solidarietà con le donne: già era chiaro che l’unità della Chiesa poteva essere realizzata solo in una giusta comunità di donne e uomini”. Diverse sono le tappe dell’impegno in questo ambito del maggior network mondiale di Chiese: a Uppsala nel 1968 venne stigmatizzato il sessismo come male a cui resistere; nel 1975 a Nairobi si poneva l’uguale partecipazione di donne e uomini come obiettivo verso il quale muoversi; il decennio 1988-1998 fu battezzato come Decennio in solidarietà con le donne; il Decennio “Superare la violenza”, dal 2001 al 2011, attenzionò nello specifico la violenza sessuale e di genere. Nel 2022 all’Assemblea di Karlsruhe il Cec si è dotato di un codice etico sulla giustizia di genere.
Le riflessioni della sessione su un tema visto come “terra incognita”, ha continuato Morandini, comporta superare delle paure di smarrimento, condizionamenti e strumentalizzazione e chiede di “muovere da alcuni oltrepassamenti teologici: oltre l’androcentrismo e un modello di maschilità macha e virilista, modelli patriarcali di famiglia e di relazioni; un maschile che pretende di essere neutro ed onnicomprensivo; il riferimento all’uomo e alla donna come realtà metafisiche di cui si vorrebbe cogliere l’essenza. Parleremo invece di donne e uomini nelle loro storie e nei loro percorsi di vita, nelle loro biografie singolari, intessute di speranze e di fatiche, di amore e di contraddizioni, di relazioni e di conflitti. Oltre una unilaterale declinazione al maschile del pensiero su Dio, oltre la violenza che spesso inquina le relazioni e talvolta ne massacra uno dei partner, guarderemo alla giustizia come parola qualificante e pacificante”. Secondo il teologo “dobbiamo esplorare un tempo di cambiamento profondo, con lo stile di chi non si pone come profeta di sventura, ma cerca di leggere e di interpretare criticamente e in modo articolato la complessità di segni dei tempi. Solo così è possibile comprendere come abitare – personalmente, come Chiese, come comunità ecumenica – questo tempo anche nelle sue dinamiche di cambiamento”.

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