Processo in Vaticano: Diddi, il 26 luglio le richieste per i dieci imputati, “l’impianto accusatorio ha tenuto”. “Non è stato un processo alla Segreteria di Stato”. “Perlasca non è un supertestimone né un superpentito”

Con la requisitoria del Promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi, è iniziata oggi nell’Aula polifunzionale dei Musei Vaticani la fase finale del processo per gli investimenti finanziari della Segreteria di Stato a Londra, dopo una fase istruttoria iniziata il 27 luglio di due anni fa. Sei le udienze in calendario: 18, 19, 20, 24, 25 e 26 luglio. “Siamo arrivati al capolinea di un processo lungo e articolato”, ha detto Diddi durante la 62ma udienza odierna, nella quale ha ringraziato il tribunale vaticano “per aver saputo guidare un processo non facile, composto anche di un materiale di grande mole”. “E’ la prima volta in cui ci si è confrontati anche sulla capacità di tenuta del sistema giudiziario”, ha sottolineato il promotore di giustizia – secondo quanto ha riferito il “pool” di giornalisti ammessi in aula – ringraziando le difese e le parti civili “per il contraddittorio che è servito a chiarire tanti aspetti: ben venga, quando è utile a raggiungere la verità”. “L’impianto accusatorio ha tenuto”, ha affermato Diddi: “Su alcuni episodi ci sono stati alcuni mutamenti di visione grazie al contraddittorio. Sarebbe stata una grossa sconfitta se gli episodi non fossero stati ricostruiti correttamente. Anche le perizie tecniche hanno confermato lo svolgimento dei fatti”. “Mercoledì si tireranno le fila e ci saranno le richieste per gli imputati”, ha annunciato il promotore di giustizia, che ha voluto anche “sgombrare il campo da equivoci e critiche, secondo i quali avremmo agito su piste precostituite e non seguendo l’emergenza dei fatti. Il processo sul piano fattuale ci ha dato ragione, c’è la prova che non ci siamo mossi seguendo un teorema. Il processo era partito da due piccole denunce, una presso l’Ufficio del revisore, di 9 pagine, e una presso lo Ior di due pagine: non avremmo mai immaginato arrivati a ricostruire tutto questo scenario”. Diddi ha inoltre negato la rappresentazione mediatica in base alla quale si sarebbe trattato di un processo alla Segreteria di Stato: “non è mai stato nostro intendimento. Se la perquisizione svolta all’epoca è stato qualcosa di storico, perché fino a quel momento la Segreteria di Stato era una sorta di giardino proibito, non si è trattato di un processo alla Segreteria di Stato, ma ad alcuni settori che non hanno capito quali fosse missione Chiesa a cui avrebbero dovuto attenersi anche nello svolgimento del loro servizio. In Vaticano la fonte primaria del diritto è la giustizia divina, qui si è trattato di un processo alle persone”. Nelle indagini è stato coinvolto anche mons. Perlasca, ma poi l’Ufficio del promotore di giustizia si è convinto a chiedere l’archiviazione, decisone questa che è stata stata molto criticata. “Ci rimettiamo al giudizio del tribunale, anche sulla figura di Perlasca”, ha reso noto Diddi: “se il tribunale riterrà diversamente, le accuse si adegueranno”. “Perlasca non è né un supertestimone, né un superpentito al processo”, ha precisato il Pm, ricordando che nel “momento particolare” della testimonianza della Chaouqui e della Ciferri “è emerso come un personaggio manipolato o manipolabile, ma non come un supertestimone o superpentito, tutt’al più una persona fragile”. Quanto al ruolo dell’Aif, Diddi ha sottolineato che “non ha svolto un ruolo confacente ad una autorità indipendente e autonoma”.

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