Intelligenza artificiale: l’allarme di Amnesty, “il Parlamento europeo potrebbe legittimare l’uso di tecnologie illecite”

In vista del voto del 14 giugno il Parlamento europeo deve cogliere l’occasione del voto in plenaria sull’AI Act dell’Unione europea per “vietare i sistemi di profilazione razzisti e discriminatori che colpiscono i migranti e altri gruppi emarginati”. E’ l’appello lanciato oggi da Amnesty international che si è appellata al Parlamento europeo affinché “bandisca nell’AI Act l’uso di tecnologie di sorveglianza di massa come gli strumenti di identificazione biometrica, retrospettiva e in tempo reale”. Il 21 aprile 2021 la Commissione europea ha infatti proposto una legge per regolamentare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la sua posizione nel dicembre 2022. Il 14 giugno il Parlamento europeo punterà a definire la sua posizione in merito, dopodiché le due istituzioni, insieme alla Commissione europea, dovranno raggiungere l’accordo su un testo condiviso. Secondo le ricerche condotte da Amnesty, l’utilizzo invasivo della tecnologia di riconoscimento facciale “ne intensifica l’applicazione discriminatoria e razzista da parte delle forze di polizia nei confronti delle persone appartenenti a gruppi razzializzati, in particolare tramite le pratiche di fermo e perquisizione che colpiscono in modo sproporzionato le persone di colore. Inoltre, tale tecnologia viene utilizzata per limitare e controllare i movimenti dei migranti e dei richiedenti asilo” . “C’è il rischio che il Parlamento europea possa mettere in discussione le significative protezioni dei diritti umani raggiunte durante la votazione in commissione dell’11 maggio, aprendo la porta all’utilizzo di tecnologie in evidente contrasto con il diritto internazionale dei diritti umani”, ha dichiarato Mher Hakobyan, consulente di Amnesty international per la regolamentazione dell’intelligenza artificiale. “I legislatori devono vietare le tecnologie razziste di profilazione e i sistemi di identificazione di persone ritenute a rischio per la sicurezza, che etichettano migranti e i richiedenti asilo come ‘minacce’; così come le tecnologie che ‘prevedono’ i movimenti alle frontiere negando alle persone il diritto d’asilo”, ha proseguito Mher Hakobyan. Sebbene l’AI Act possa contribuire a prevenire e ridurre i danni causati dalle nuove tecnologie in Europa, “è importante che l’Unione europea non contribuisca alle violazioni dei diritti umani esportando tecnologie atte a ciò al di fuori dei suoi territori. L’AI Act deve vietare l’esportazione di qualsiasi sistema che non sia consentito nell’Unione europea, come il riconoscimento facciale e altre tecnologie di sorveglianza”.
Le ricerche di Amnesty hanno rivelato che le telecamere prodotte dall’azienda olandese TKH Security vengono utilizzate in spazi pubblici e collegate alle infrastrutture di polizia a Gerusalemme est occupata, al fine di consolidare il controllo del governo israeliano e il sistema di apartheid contro i palestinesi. Indagini simili hanno svelato che aziende con sede in Francia, Svezia e Paesi Bassi hanno venduto sistemi di sorveglianza digitale, come la tecnologia di riconoscimento facciale e reti di telecamere, a importanti agenzie cinesi di sorveglianza di massa. In alcuni casi, le infrastrutture esportate dall’Unione europea sono state utilizzate contro gli uiguri e altri gruppi etnici, prevalentemente musulmani, in tutta la Cina. “Il Parlamento europeo ha il dovere di difendere i diritti umani. Tutto ciò che non vietasse l’uso di tecnologie di sorveglianza di massa, di controllo e di profilazione costituirebbe un venir meno a tale dovere”, ha continuato Hakobyan. “I legislatori dell’Unione europea devono inoltre garantire che le tecnologie vietate all’interno dell’Unione europea non vengano esportate per commettere altrove violazioni dei diritti umani. Questa legge deve proteggere e promuovere i diritti umani di tutte le persone, non solo di quelle in Europa “, ha concluso Hakobyan.

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