Giulia Cecchettin: Piccolo (Sidef Calabria), “violenza frutto di una società avvelenata da mancanza di rispetto per la vita e per la sacralità della persona”

“Oltre ad affermare la necessità di investire nell’educazione relazionale (e non solo quella sessuale) dei giovani e nei programmi pubblici di prevenzione, credo sia diventato indispensabile rilanciare una educazione ai valori della vita e della sacralità della persona umana”. Ad affermarlo è lo psicologo Marco Piccolo, responsabile del Sidef Calabria, associazione non profit di famiglie, commentando l’orribile uccisione di Giulia Cecchettin e i sospetti che si stanno accumulando sull’ex fidanzato. Per Piccolo, “appiccicare” su Filippo Turetta “un’etichetta psicopatologica o psichiatrica” è “una generalizzazione ed un grave errore”. “La verità – spiega – è che il male esiste e agisce, ma noi uomini che viviamo questi tempi dominati dal narcisismo collettivo, dall’egoismo sfrenato, dall’arroganza del progresso tecnologico e scientifico, dalla rinuncia alla spiritualità, dalla derisione delle religioni e dal rifiuto delle antropologie tradizionali, non riusciamo più a vederlo e a contrastarlo. Io credo che la nostra società sia sempre più avvelenata dalla mancanza di rispetto per la vita e per la sacralità della persona”. “Solo la retorica del mainstream può farci pensare che stiamo vivendo la vita migliore, l’epoca migliore, il mondo migliore. A me sembra invece che le barbarie continuano ad avvenire e in modi sempre peggiori e ‘indolori’: piangiamo solo per ciò che il mainstream mette sotto il riflettore, del resto non ci importa, fosse anche la cosa più tremenda”. Secondo Piccolo, insomma, “le violenze nella coppia, sempre più frequenti e feroci, non sono (solo) frutto di presunte psicopatologie, ma sono anzitutto il prodotto della nostra società contemporanea, egoistica, egocentrica e sprezzante dell’altro, del suo valore, della sua sacralità. Valori oggi distrutti nel più ‘politically correct’ dei modi: la loro relativizzazione”. Di qui la necessità, oltre che di una educazione affettiva e relazionale dei giovani, di “una educazione ai valori della vita e della sacralità della persona umana”. Un approccio culturale che, conclude, “non solo può contribuire a interpretare e quindi prevenire comportamenti violenti, ma anche promuovere una comprensione più profonda di sé e degli altri, e quindi favorire convivenze – nelle coppie, in famiglia, nel lavoro, fra gli Stati – più autenticamente umane, dignitose e pacifiche”.

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