Aree interne: mons. Crociata (Latina), “l’attenzione alla tradizione non si dirige alla conservazione di un residuo del passato” ma mira a “una accresciuta vitalità ecclesiale”

“Le aree interne, pur avendo caratteristiche diverse tra loro a seconda della grandezza, della dislocazione, della storia e della cultura proprie di ciascuna, hanno in comune, tra l’altro, una significativa persistenza della tradizione, una più forte coesione sociale con il relativo maggiore peso della pressione sociale, un attaccamento più solido alle forme religiose della pratica ordinaria e soprattutto della pietà popolare”. Lo ha detto, oggi pomeriggio, mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, intervenendo sul tema “Una pastorale per le Aree interne: spunti di riflessione” all’incontro dei vescovi delle “Aree interne”, in corso a Benevento.
“Anche queste caratteristiche – ha precisato il presule – non vanno esagerate quanto alla loro consistenza, tuttavia la forza della tradizione è ciò che si fa soprattutto notare in esse, se le si mette a confronto con le dinamiche della grande città, per non parlare della metropoli. Se questo dato corrisponde alla realtà, bisogna interrogarsi sull’approccio da riservare all’iniziativa pastorale in quel tipo di territori”. Per mons. Crociata, “il senso di una tale attenzione non si dirige alla conservazione, o addirittura imbalsamazione, di un residuo del passato, a mo’ di operazione nostalgica. Il senso è invece quello di partire dalla situazione data per farla crescere verso una accresciuta vitalità ecclesiale”.
Cercare di rispondere alla domanda “su come fare Chiesa nella nuova situazione – ha osservato il vescovo – suggerisce di procedere ad una riflessione da svolgere su tre livelli: un primo che, in termini di visione d’insieme, cerca di comporre tradizione e innovazione”, toccando “la questione dell’evangelizzazione”; un secondo, che “tocca l’organizzazione interna della dinamica ecclesiale e delle collaborazioni”, interessando “soprattutto l’ambito ministeriale”; un terzo, che “apra alle istanze delle condizioni sociali e materiali di vita proprie di quei territori più fragili”.

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