Perù: mons. Castillo (primate), c’è “un’enorme crisi politica con un bagaglio virale di corruzione e insabbiamento al servizio di interessi privati”

(Foto: diocesi di Lima)

Alle origini dell’indipendenza peruviana, colui che è considerato il liberatore del Perù, José de San Martín, scelse di “ritirarsi per far posto a coloro che avevano le forze preparate, affinché il processo di liberazione e repubblicano non tornasse indietro”. Non è sembrata, a chi ascoltava, una dotta citazione storica, quella che ieri ha fatto, durante l’omelia della messa per la festa nazionale del Perù, nella cattedrale di Lima, l’arcivescovo e primate del Paese, mons. Carlos Castillo Mattasoglio. Tanto più che ad ascoltare le sue parole c’era il presidente della Repubblica, Pedro Castillo, presente in cattedrale per la solenne messa e per il Te Deum. Mentre l’arcivescovo pronunciava queste parole, il pensiero di molti e lo sguardo dei presenti sono andati proprio sul presidente, che in circa un anno di Governo ha cambiato più volte ministri e linea politica e deve rispondere in cinque procedimenti aperti contro di lui.
Di fronte a tutte le autorità del Paese, l’arcivescovo ha svolto, insieme a una profonda analisi storica, una descrizione severa sulla situazione del Paese, soprattutto rispetto alla corruzione e alla debolezza delle istituzioni democratiche. “Istituzioni pubbliche carenti e corrose di fronte ai bisogni di sicurezza, salute, lavoro, istruzione di qualità, equilibrio ecologico, organizzazione autonoma della solidarietà, sviluppo delle popolazioni indigene e altre esigenze del nostro popolo; un’enorme crisi politica con un bagaglio virale di corruzione e insabbiamento al servizio di interessi privati; indifferenza, individualismo, interessi di gruppo, mafie”. Questo l’elenco dei mali del Paese, proposto da mons. Castillo.
L’ atteggiamento disinteressato di José de San Martín, si è chiesto il presule, “non è urgente anche oggi? Non manca forse la presenza di quella generosità nell’intera dirigenza nazionale, a tutti i suoi livelli, e soprattutto nella sfera politica e pubblica?”. Un atteggiamento che, “però, manca in coloro che guidano da aree di potere di qualsiasi tipo. La spiritualità contraria a questa fede dei peruviani è l’egoismo individualistico o di gruppo. È lo spirito dell’élite separata, o che intende separarsi e sfruttare di aver conquistato questo spazio. Questo è il flagello che ci corrode, e dove vive la corruzione”.
Parole forti, che hanno spinto la stampa peruviana a ritenere che l’arcivescovo abbia chiesto al presidente di dimettersi. In realtà, secondo quanto risulta al Sir, in seguito a una precisa verifica, mons. Castillo non ha chiesto al presidente della Repubblica di rinunciare all’incarico, ma a uno stile autosufficiente di potere, per fare posto alla preoccupazione per il bene comune, anche attraverso la scelta di persone preparate e non corrotte. Inoltre, il riferimento al valore fondamentale della generosità, del “desprendimiento” (di rinuncia in senso di rettifica riguardo a delle ambizioni personali) “è stata diretta anche a l’intera dirigenza nazionale, che ugualmente da tempo procede con gli stessi errori del nuovo presidente”.

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