Diocesi: mons. Parisi (Lamezia Terme), “non ci siano tra noi ‘Caino’ e ‘Abele’ a turno”

“Non ci siano tra noi ‘Caino’ e ‘Abele’ a turno. Riflettiamoci a livello di presbiterio, a livello comunitario, riflettiamoci a livello sociale. Fuggire dalle responsabilità fraterne, nascondendosi dietro una mancata risposta che ti inchioda sulla Croce delle tue responsabilità, non è è una risposta cristiana, non è la Parola che lega cuore e labbra e che il Signore attende da noi”. Lo ha affermato sabato mons. Serafino Parisi durante la solenne concelebrazione eucaristica con la quale ha avuto inizio il suo ministero episcopale nella diocesi di Lamezia Terme.
Nell’omelia, commentando la parabola del Buon Samaritano, il vescovo ha sottolineato che “mentre veniamo invitati a curare le nostre ferite, magari anche quelle che tra di noi ci siamo procurati, e a sanare le nostre fratture, impariamo lo stile di Dio che è lo stile della Chiesa”. “Se ci riconciliamo con il Signore e se ci riconciliamo tra di noi, riusciamo a dare anche a coloro che sono in polemica con noi una parola profetica capace di rilanciare la storia verso orizzonti di giustizia, di amore e di pace!, ha sottolineato mons. Parisi, auspicando che “questa Parola del Signore sia immagine della Chiesa che, come presbiterio e come popolo di Dio, vogliamo dare alla storia di questo territorio, perché tutto possa splendere e brillare così come il Signore aveva fatto nel Creato sin dall’inizio. Con il Signore, tutti possano dire: è bello condividere questa vita, è bello condividere questa gioia, è bello condividere questa passione”. “Nella parabola del Samaritano – ha poi osservato – c’è un nemico che cura un altro nemico, che sa che attraverso quel gesto può rimarginare le ferite dell’umanità versando l’olio della consolazione e il vino della speranza”. “Da un nemico e straniero – ha proseguito – impariamo a ricostruire, a curare le ferite per risollevare l’umanità. Impariamo da uno straniero e da un nemico lo stile di Dio che è quello della compassione, che rigenera l’umanità a vita nuova”. Mons. Parisi ha esortato ad “assumere lo stile di Dio”, a considerare il prossimo “non come l’altro che casualmente incontro sulla strada, ma il prossimo come me che mi faccio vicino a un altro” a prendersi cura che “non significa solo mettere a servizio dell’altro la propria professionalità, ma metterci la passione, non calcolare il tempo, andare oltre l’obbligo e l’orario, curare l’altro perché nell’altro curo le piaghe di Cristo”. “Prendersi cura – ha spiegato – significa essere responsabile della vita dell’altro e provvedere per il suo futuro”.
In mattinata, incontrando i sindaci della diocesi, il vescovo ha lanciato la sfida di “fare di Lamezia un laboratorio nazionale per un modello di sviluppo personale, umano, sociale”. “L’individualismo – ha detto – deve essere trasformato in parola profetica per il bene comune che significa trasformare essenzialmente il modo di approcciarci alla realtà, lavorando per il bene di tutti”. Nell’incontro con operatori dell’informazione e della comunicazione, ha invece rimarcato come “il lavoro del giornalista ha ancora senso perché c’è bisogno di quella mediazione e di quella comprensione umana che nessun mezzo e nessun social può dare”. Dopo aver ricordato due pilastri della professione – “verifica della verità e rispetto della persona” – mons. Parisi ha concluso: “Proprio nella ‘giungla’ di oggi, dobbiamo ribadire che la figura, il ruolo e il servizio del giornalista sono insostituibili. Grazie per il servizio che rendete alla collettività”.

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