El Salvador: la gioia di San Juan de Nonualco per la beatificazione di Cosma Spessotto. Padre Mejía (parroco): “Uomo di comunione e contro ogni violenza, ma divenne scomodo”

È ancora forte, a San Juan de Nonualco, comunità rurale della provincia salvadoregna di La Paz, dal 1987 sotto la giurisdizione ecclesiastica della diocesi di Zacatecoluca, il ricordo di padre Cosma Spessotto, francescano italiano originario di Tarzo (provincia di Treviso e diocesi di Vittorio Veneto), che guidò la comunità a partire dal 1953. E nella chiesa che aveva voluto costruire venne ucciso il 14 giugno 1980, nel culmine della stagione del terrore salvadoregno. Per capire l’intensità di questo ricordo basta parlare, come ha fatto il Sir, con il parroco, padre Ildefonso Mejía, anch’egli francescano, e con chi fa parte del Comitato che in parrocchia promuove la figura del prossimo beato, come Oscar Pineda; entrambi sono stati battezzati da padre Cosma. “Io sono nato nel 1956 – racconta l’attuale parroco -. Padre Cosma era a San Juan da 3 anni. È stato lui il punto di riferimento della mia vocazione. Sono stato molto emozionato di venire qui come parroco, nel 2009, e di dare impulso alla causa di beatificazione. Insieme al postulatore, padre Claudio Bratti, abbiamo raccolto molte testimonianze, la gente aveva piacere di raccontare e di contribuire”. Testimonianze che hanno suscitato la curiosità e l’ammirazione di Oscar Pineda, una delle anime del Comitato, che è nato nel 1976 e aveva dunque solo 4 anni al momento della morte di padre Spessotto: “il Comitato si è formato nel 2015 e ora viviamo con grande emozione questo momento”. In pochi, poco più di una cinquantina, potranno spostarsi a San Salvador a causa dei posti ridotti, per la pandemia, ma saranno allestiti numerosi schermi giganti. In settimana, si sono svolti vari appuntamenti, di carattere culturale e spirituale, con un fitto e coinvolgente programma. Continua padre Mejía: “Padre Spessotto, appena arrivato, si diede subito da fare, per promuovere l’educazione e la promozione della popolazione, povera e analfabeta, della sua comunità. Si incarnò nella gente, parlò il loro linguaggio. Ma portò anche le tradizioni del suo luogo natale, e provò a creare un vigneto, suscitando la curiosità di tutti. Ha edificato la chiesa, creato una scuola parrocchiale ancora esistente e un centro di salute”. Ed era nutrito da una grande spiritualità, come racconta Pineda: “Iniziava la giornata molto presto, in preghiera, e la chiudeva pregando. Lo si vedeva camminare mentre recitava il rosario”. Non era una persona che cercava lo scontro, ma la comunione: “Vi ho battezzati tutti io”, diceva mentre avanzavano gli scontri. Prosegue l’esponente del Comitato parrocchiale: “La chiesa era ambita, dal campanile si dominava il paese. Cercarono di occuparla prima le milizie di sinistra e poi le squadre di destra, ma lui si oppose fermamente”. In ogni caso, afferma il parroco, “voleva evitare spargimenti di sangue, diceva che la violenza non portava da nessuna parte”. Ma la drammatica spirale di quegli anni lo costrinse a “prendere posizione”: “Cominciò a diventare scomodo per la destra. Iniziarono a sequestrare i catechisti, e lui andava nella tana del lupo a reclamare la loro libertà”. L’ultima volta che ci andò lo avvertirono che sarebbe stata l’ultima. Ancora, raccoglieva i morti, dava loro nome e sepoltura, una pratica intollerabile per chi provocava terrore e faceva sparire le persone”. Il testamento spirituale dà testimonianza di una fede limpida e coraggiosa, nel chiaro presentimento di ciò che stava per accadere.

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