Ecumenismo: Stefani (Sae), “la fede è dono, grazia. La ricevi e la scegli”

Il distanziamento legato al Covid-19 ha inciso anche sulle modalità delle comunicazioni intraecclesiali. Lo ha evidenziato, oggi, il presidente del Sae, Piero Stefani, in apertura della 57ª sessione di formazione ecumenica del Segretariato attività ecumeniche (Sae), in programma fino al 31 luglio al Monastero di Camaldoli. La comunità dei credenti in Cristo è nata nella comunione, ma ha dovuto prendere misure restrittive, con risposte varie a seconda delle comunità. “Emerge quindi l’interrogativo di quale capacità testimoniale proviene da una situazione non creata e antitetica al messaggio delle comunità cristiane”, si è chiesto Stefani. Qui si pone anche il problema del succedersi delle parole della fede di generazione in generazione, tema al centro delle giornate di Camaldoli. “Non si trasmette la fede – ha spiegato il presidente del Sae – ma una parola, un racconto. Se la fede fosse trasmessa sarebbe una trasmissione etica, ambientale, sarebbe la cristianità. La fede invece è dono, grazia. Ma se non ci fossero i racconti della fede nessuno crederebbe perché per credere bisogna mettersi in un cammino già percorso da altri. La fede la ricevi e la scegli. L’annuncio deve essere accolto e sottoscritto”. Quale annuncio in tempi della storia così travagliati? “Le parole della fede dicono che la storia non avrà la parola ultima e il succedersi non sarà per sempre, ci sarà una realtà di Dio diversa. Se qualcuno non ce lo trasmette non lo sappiamo. Niente della realtà che vediamo ci rende convinti che sia così. Che ci sia la catastrofe è più evidente che ci siano cieli e terra nuova. Ma i racconti della fede in Gesù Cristo da duemila anni ci hanno trasmesso una ulteriorità”.
Il primo intervento degli ospiti è stato quello di Silvana Di Nepi, docente alla Sapienza di Roma, intervenuta via streaming con lo studio “Mi dor le-dor” (Di generazione in generazione). La storica, specialista dell’età moderna, ha analizzato la resistenza degli ebrei nei ghetti in Italia durante i secoli e l’importanza dell’educazione comunitaria qui elaborata dalle confraternite che ha permesso la trasmissione alle giovani generazioni della lingua, dello studio della Torah, delle preghiere e della conoscenza del mondo esterno per sapere anche come rispondere alle istruzioni conversionistiche. È seguita la relazione del filosofo, presidente dell’Associazione “Lech Lechà”, Davide Assael sul tema “Comunicare, comprendersi: vita e linguaggio”.

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