Svizzera: Caritas, “la crisi del Coronavirus inasprisce le disuguaglianze tra i sessi”

Le donne sono più a rischio di indigenza che gli uomini, risultando particolarmente colpite dalle conseguenze della pandemia. Questa tendenza viene confermata anche quest’anno dalle cifre sulla povertà raccolte nell’Almanacco sociale 2022 di Caritas Svizzera.
“Finora – si legge in una nota – la Svizzera è riuscita con successo a contenere gli effetti economici e sociali della crisi del coronavirus grazie a un pacchetto globale di misure di sostegno per i lavoratori dipendenti, quelli indipendenti e le imprese. La massiccia estensione del lavoro ridotto ha salvato centinaia di migliaia di posti di lavoro, evitando così la lievitazione del tasso di disoccupazione. Ma la crisi non è ancora superata, né sul piano sanitario, né su quello economico”. “Nessuno sa – viene osservato – cosa accadrà quando termineranno i finanziamenti di sostegno, soprattutto considerato il fatto che la situazione epidemiologica torna a peggiorare”.
Stando ai dati diffusi, in Svizzera già prima della pandemia 735.000 persone, di cui 115.000 bambini, erano indigenti. A queste si aggiunge un numero quasi altrettanto elevato di famiglie che vivono poco al di sopra della soglia di povertà. “La crisi ha inasprito ulteriormente le disuguaglianze già esistenti”, spiegano dalla Caritas, aggiungendo che “mentre le famiglie con un reddito basso hanno subito perdite di guadagno pari al 20 per cento in media, altre con un reddito elevato sono persino riuscite a mettere da parte dei risparmi”.
In questo contesto, la situazione femminile è particolarmente critica: nel 2020 sei lavoratrici su dieci contro meno di due lavoratori su dieci lavoravano part-time. Circa un quarto delle donne lavorava con un grado occupazionale inferiore al 50%. Tra le madri con partner e figli ben la metà non lavora o lavora con un grado occupazionale al di sotto del 50%. Nel 2020, è stato rilevato, più di un quarto delle donne disponeva soltanto della rendita Avs ma “questa a molte non basta per garantire l’esistenza”. Nella vecchiaia, quasi un sesto delle donne dipende dalle prestazioni complementari.

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