Rosario Livatino: card. Bassetti, “non c’è piena giustizia senza amore”

“Rosario Livatino, di cui oggi ricordiamo il trentesimo anniversario della morte, al momento di entrare in magistratura aveva chiara coscienza della missione che si assumeva”. Lo ha detto il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, nell’omelia della messa celebrata a Roma, presso la Chiesa del Sacro Cuore del Suffragio, in occasione dei 30 anni dalla morte del giudice assassinato per mano della mafia, e ora diventato servo di Dio. Egli stesso lo afferma il 18 luglio del 1978: “Ho prestato giuramento – annota sulla sua agenda -; da oggi quindi sono in magistratura. Che Iddio mi accompagni e mi aiuti a rispettare il giuramento e a comportarmi nel modo che l’educazione, che i miei genitori mi hanno impartito, esige”. “Le idee erano chiare fin dal principio”, ha precisato il cardinale. “Eppure possiamo ritenere che anche per lui, nella decina d’anni di esercizio della professione, la determinazione nel seguire quella che si stava sempre più prospettando come una specifica chiamata si sia fatta sempre più netta”, ha ipotizzato Bassetti, che poco prima aveva fatto un paragone con la scena ritratta da Caravaggio a San Luigi dei Francesi, raffigurante la celeberrima vocazione di San Matteo: “Forse anche al giudice Livatino la via che l’avrebbe portato ad assumersi fino in fondo – fino al sacrificio estremo – le proprie responsabilità si trovò confermata a poco a poco, mentre svolgeva il suo lavoro, mentre non ricusava gli incarichi più esposti, mentre assisteva alla morte violenta di altri giudici stimati, mentre conosceva ogni giorno di più il tessuto profondo e talvolta malato di territori che a uno sguardo meno attento di quello di un magistrato o di un operatore di polizia possono sembrare tranquilli e laboriosi”. “Per lui tutto questo era questione di vita o di morte, ma prima ancora di vita vera e di fede limpida”, la tesi del presidente della Cei, secondo il quel Livatino “riuscì a ritrovare una sintesi tra religione e diritto che non appare scontata, come dimostra una sua conferenza: ‘Cristo – egli affermò – non ha mai detto che soprattutto bisogna essere ‘giusti’, anche se in molteplici occasioni ha esaltato la virtù della giustizia. Egli ha, invece, elevato il comandamento della carità a norma obbligatoria di condotta perché è proprio questo salto di qualità che connota il cristiano’”. In altre parole, “non c’è piena giustizia senza amore”, ha sintetizzato il porporato, citando Papa Francesco: “In questo modo, con queste convinzioni, Rosario Livatino ha lasciato a tutti noi un esempio luminoso di come la fede possa esprimersi compiutamente nel servizio alla comunità civile e alle sue leggi; e di come l’obbedienza alla Chiesa possa coniugarsi con l’obbedienza allo Stato, in particolare con il ministero, delicato e importante, di far rispettare e applicare la legge”.

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