Omicidio George Floyd: Pastori (Univ. Cattolica), “le violenze mettono in luce il fragile rapporto che esiste negli Usa tra Stati e governo federale”

“Le violenze che dalla morte di George Floyd stanno travagliando gli Stati Uniti hanno messo in luce ancora una volta il fragile rapporto che esiste, nel Paese, fra gli Stati e il governo federale”. Lo sottolinea Gianluca Pastori, docente di Storia delle relazioni e delle istituzioni internazionali dell’Università Cattolica, in una riflessione su “Cattolicanews“, che raccoglie anche i contributi di Cristina Bon, Raul Caruso, Vittorio Emanuele Parsi su quanto sta accadendo in questi giorni negli Stati Uniti.
Quella dei rapporti fra centro e periferia, prosegue Pastori, “è una questione che attraversa sottotraccia tutta la storia politica degli Stati Uniti”. Con l’esperienza reaganiana (1981-89) e l’enfasi che l’ha accompagnata rispetto ai temi dello “Stato minimo”, “il pendolo del potere sembra avere invertito il suo corso, rilanciando il ruolo degli Stati all’interno di una dialettica spesso disagevole”.
Secondo il docente, “non stupisce che, in un contesto ‘di emergenza’ e con la Casa Bianca occupata da una figura come Donald Trump, che ama dare di sé un’immagine di ‘presidente del popolo’, assertivo e dichiaratamente ‘antipolitico’, le tensioni siano esplose in forma eclatante. La sfiducia espressa nei sondaggi rispetto al modo in cui l’amministrazione ha affrontato la vicenda Covid-19 e le critiche che da più parti hanno colpito Trump nel suo ruolo di comandante in capo hanno agito da ulteriore alimento”. Su questo sfondo, “la gestione dell’attuale crisi sembra essere vissuta come una sorta di ‘prova d’appello’, anche alla luce dell’ormai prossimo appuntamento elettorale; una rappresentazione che la piega che hanno preso le proteste – degenerate, in diverse occasioni, in violenze e saccheggi fini a se stessi – concorre ad agevolare”.
A giudizio di Pastori, “se e quanto questa strategia potrà dimostrarsi davvero pagante in termini di consenso è difficile da dire, specialmente in uno scenario polarizzato come quello degli Stati Uniti di oggi”. Il fatto, poi, che il voto presidenziale di novembre coincida, in realtà come Delaware, Indiana, Missouri, Montana, New Hampshire, North Carolina, North Dakota, Utah, Vermont, Washington e West Virginia, con quello per il rinnovo del seggio governatoriale o per il rinnovo degli organi legislativi locali “complica ulteriormente le cose, enfatizzando i termini di uno scontro fra Stati e Federazione che trova da altre parti le sue vere radici e che riflette le dinamiche tradizionalmente complesse che nella cultura e nella sensibilità statunitense legano lo spazio della libertà individuale a quella del suo modo di esprimersi nella sfera pubblica”.

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