Coronavirus Covid-19: Un ponte per (Ong), “se dilaga nei campi profughi ecatombe senza precedenti”

“Se dovesse dilagare il Coronavirus nei campi profughi in cui lavoriamo, o nei paesi in cui il sistema sanitario è fragile e inadeguato perché scosso da anni di guerra, ci troveremo di fronte ad una ecatombe senza precedenti”. La denuncia arriva dall’Ong “Un ponte per”, attiva con progetti in diversi Paesi, tra cui Grecia, Iraq, Siria, Libano e Giordania. Un impegno senza sosta di tanti “colleghi e colleghe” per far fronte non solo alle emergenze sanitarie e umanitarie di sempre, ma anche al contenimento del Covid-19. Pur da settimane allineati alle disposizioni governative, attivando forme di smart working nelle nostre sedi in Italia, fanno sapere dall’Ong, “non per questo abbiamo cessato di ricercare, sia pur dentro le disposizioni di forte restrizione, forme di solidarietà con le persone più fragili delle nostre città, perché Un Ponte Per è nato e cresciuto in Italia e questo nostro paese è oggi in estrema difficoltà”. Ciò vuol dire “dare la nostra totale disponibilità a sostenere reti e pratiche solidali come quelle segnalate da Comune info e Covid19Italia Help” e significa anche “incalzare il mondo politico a rivedere radicalmente scelte economiche che hanno reso più vulnerabile il nostro paese. Anni di tagli alla sanità pubblica, di enormi risorse dirottate verso quella privata (del tutto inservibile, ora è sotto gli occhi di tutti, davanti ad una pandemia come quella che stiamo vivendo) ci dicono che bisogna ribaltare il pensiero dominante”. Da qui l’appello dell’Ong a “ripensare i patti di stabilità, ripensare lo sperpero di denaro pubblico e scientifico per le spese destinate a nuovi sistemi d’arma e per la ricerca militare. Con il costo di un solo F-35 potremo costruire un ospedale o avere strumentazioni per 7.000 respiratori/ventilatori indispensabili per la terapia intensiva. Mai come oggi – rimarca Un Ponte Per – ci pare attuale l’antico slogan pacifista: “+ ospedali – spese militari”. “Dai luoghi di guerra che abbiamo attraversato in questi anni abbiamo imparato la forza di comunità che sanno tenersi strette, tendendosi la mano, prendendosi cura le une delle altre. Abbiamo visto crollare sistemi sanitari, sociali, città distrutte dalla guerra. Ma anche persone rialzarsi, rialzarsi sempre. Ci piace tenere a mente questo pensiero, mentre aspettiamo che passi anche questa nottata”.

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