Nuova legge su sistema giudiziario vaticano: Pignatone, “contemperamento tra antico e moderno”

“La magistratura vaticana è oggi chiamata ad applicare una legislazione per molti aspetti modernissima, in gran parte frutto della globalizzazione, ma innestata su codici risalenti ormai a molti decenni fa”. È quanto scrive il presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, Giuseppe Pignatone, in un articolo pubblicato su L’Osservatore Romano, a commento della nuova legge emanata oggi dal Papa. “Ma soprattutto l’interpretazione e l’applicazione di queste leggi – prosegue Pignatone – deve rispettare la specificità del diritto vaticano che, come ribadito ancora dalla Legge nr. LVVI del 1° ottobre 2008 sulle fonti del diritto, ‘riconosce nell’ordinamento canonico la prima fonte normativa e il primo criterio di riferimento interpretativo’”. “Questo contemperamento tra antico e moderno costituisce la peculiarità dell’attuale momento storico e anche un motivo ulteriore di impegno per noi magistrati”, commenta il presidente del Tribunale vaticano, secondo il quale “uno dei criteri ispiratori del nuovo ordinamento è la convinzione che l’indipendenza dei magistrati e la loro capacità professionale sono condizioni indispensabili per ottenere quei risultati di giustizia indicati da Papa Francesco nelle sue premesse. Viene quindi affermato esplicitamente che i magistrati, pur dipendendo gerarchicamente dal Sommo Pontefice che li nomina, nell’esercizio delle loro funzioni sono soggetti soltanto alla legge e che essi esercitano i loro poteri con imparzialità”. Vengono poi indicati “specifici e rigorosi requisiti di professionalità, con la previsione che magistrati di primo e di secondo grado, e in parte anche della Corte di Cassazione, possano essere nominati professori universitari (di ruolo o in quiescenza) ovvero giuristi di chiara fama”. Inoltre, “proprio per soddisfare le esigenze così variegate dell’attività giudiziaria vaticana, pur in uno Stato di dimensioni assai ridotte, da un lato, si valorizzano le esperienze in campo civile, penale e amministrativo e, dall’altro, si richiede che almeno uno dei magistrati degli uffici di primo grado sia esperto di diritto canonico ed ecclesiastico”. Vengono poi, “per la prima volta, dettate specifiche norme per l’Ufficio del Promotore di giustizia, così marcando la distinzione tra magistratura giudicante e requirente, e tuttavia assicurando anche a quest’ultima autonomia e indipendenza nell’esercizio delle sue funzioni”. Un’altra modifica significativa è costituita “dalla possibilità che il presidente della Corte di Cassazione possa integrare il collegio giudicante, costituito di regola da tre Cardinali, con altri due giudici applicati, ‘qualora sia richiesto dalla complessità della controversia o ricorrano motivi di opportunità’”. Questa norma, spiega Pignatone, “è frutto della consapevolezza della crescente complessità tecnica dei procedimenti trattati nello Stato e della volontà di assicurare in questo modo, anche nell’ultimo grado di giurisdizione, le necessarie capacità tecnico professionali”.
Ultimo punto: l’attenzione al diritto di difesa che l’articolo 26 definisce “inviolabile in ogni stato e grado del procedimento”, in coerenza con i principi del giusto processo e della presunzione di innocenza, già introdotti nel 2013 nel codice di procedura penale (art. 350 bis).

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