Pillola dei 5 giorni dopo: Cavatorta (Univ. Cattolica), “adolescenti privati di opportunità di dialogo e riflessione. Labile consapevolezza di sé e del concepito”

“La perdita di un’importante occasione di dialogo, dell’opportunità di aprire una riflessione faccia a faccia”. Paola Cavatorta, psichiatra e psicoterapeuta, responsabile del Consultorio familiare dell’Università Cattolica a Roma, definisce in questi termini al Sir la determina con la quale l’AIfa ha nei giorni scorsi abolito l’obbligo anche per le minorenni di esibire al farmacista la prescrizione medica per l’acquisto di EllaOne, nota come “pillola dei 5 giorni dopo”. “Per adolescenti che oggi più che mai fanno fatica a portare una richiesta di aiuto e di approfondimento su quanto sta loro accadendo, avere invece in queste situazioni un momento di confronto diventa prezioso, ineludibile”, spiega l’esperta precisando che “si tratta di un ambito dell’intimità non solo fisica, ma anzitutto psichica dell’adolescente nel quale molto spesso si osserva un senso di scarsa definizione del rapporto con il proprio corpo e con quanto si sta sperimentando nelle relazioni sentimentali”. I ragazzi “ricevono oggi moltissimi segnali che disorientano e possono indurre all’idea di poter sperimentare e vivere qualsiasi esperienza, senza che questa abbia un impatto profondo sulla loro mente, sulla loro vita e sulle loro scelte”. Insomma, questa “liberalizzazione” costituisce “la perdita di un’importante opportunità di svolgere un’azione non solo educativa, ma di fermarsi a riflettere sulla nostra identità, sui nostri obiettivi, sulla nostra traiettoria di vita”.
“Pilastro centrale” del lavoro del consultorio è dunque “il lavoro sulle relazioni per comprenderne l’importanza, coltivarle ed averne cura. Il che – per la dottoressa Cavatorta – vuol dire avere cura di se stessi, dell’altro e della nostra capacità relazionale. In questo tempo di consumo di esperienze molto veloci, questo spazio di ascolto, riflessione e supporto psicologico è un’offerta che il mondo degli adulti deve assolutamente fare al mondo dei ragazzi”. Le chiediamo se a suo avviso manca la consapevolezza che un concepito, anche di poche ore o giorni, è comunque una persona. “Sì, ma stiamo parlando di una situazione nella quale c’è una labile consapevolezza generale: di sé, delle esperienze che affrontiamo, dei vissuti emotivi. E se non c’è questa consapevolezza preliminare, non ci può essere la comprensione delle implicazioni di certi incontri e quindi anche del concepimento”.
Sul sito Internet annunciato come guida per la sessualità degli adolescenti, l’esperta sostiene: “Oggi la comunicazione con i ragazzi viaggia attraverso i social; quindi anche le nostre offerte come adulti devono utilizzare questo tipo di vetrine ma non può essere sufficiente. Dobbiamo esserci per proporre un’interazione iniziale, ma poi è indispensabile l’incontro e il confronto faccia a faccia. I social sono solo un tramite che deve poi consentirci di avere cura della relazione con l’adolescente”.

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