Violenza di genere: Salvarani (teologo) al Sae, “il cambiamento necessario inizia con nuovi modi di pensare”

(Foto Laura Caffagnini per il Sae)

Il dialogo interreligioso è una prospettiva che il Segretariato attività ecumeniche (Sae) ha sempre tenuto presente sullo sfondo della sua storia. Alcune sessioni alla fine degli anni ’90 sono state dedicate al tema e ogni anno esso è declinato attraverso un momento specifico di confronto con uomini e donne di altre tradizioni. La tavola rotonda interreligiosa intitolata “Per la giustizia di genere” della 59ª edizione della sessione di formazione ecumenica, promossa ad Assisi, ha avuto come ospiti Paola Cavallari, Sarah Kaminski e Zineb Moujoud che, nella loro visione singolare, hanno trattato il tema da una prospettiva cristiana, ebraica e islamica a partire da tre parole: differenza-uguaglianza, storia-memoria, sessismo.
“Siamo ancora lontani dall’aver raggiunto l’obiettivo di una giustizia di genere – ha premesso il teologo e scrittore, Brunetto Salvarani, che ha moderato i lavori –. La violenza costituisce una questione strutturale, un flagello che rappresenta la prima causa di morte delle donne. Esse sono sottorappresentate nei ruoli di comando, guadagnano meno degli uomini e sono le prime a perdere il lavoro nei tempi di crisi”. Per Salvarani, “il cambiamento necessario inizia con nuovi modi di pensare. Come diceva Bergonzoni: ‘Non dovremmo solo rimboccarci le maniche ma soprattutto il pensiero’”. Il teologo ha citato come esempio di buona pratica il documento sulla giustizia di genere della Chiesa evangelica luterana in Italia (Celi) promosso e votato nel 2021 durante il 23° Sinodo. Il testo afferma che “è necessario riconoscere il dono di ogni persona e il suo valore di donna, uomo e persona non binaria. Da un discorso di giustizia di genere trae vantaggio tutta la comunità, mentre quando una persona è discriminata tutta la comunità è danneggiata”.

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