Diocesi: mons. Trevisi (Trieste) ai sacerdoti, “cogliamo tutte le occasioni per conoscerci, stimarci e anche crescere nel comandamento dell’amore”

“Nell’ultima cena Gesù con chiarezza ci ha indicato la strada. Non possiamo testimoniare il Vangelo se non c’è amore gli uni per gli altri. Per tante ragioni il nostro presbiterio è eterogeneo: spesso non ci si conosce, si rischia di incasellarsi con stereotipi, oppure di vivere un ministero autoreferenziale (come se avessimo ragione solo noi, come se avessimo la soluzione giusta noi, a prescindere dal Papa, dalla Chiesa, dal presbiterio…). Abbiamo bisogno di sfruttare tutte le occasioni – e di crearne altre – per conoscerci, solo dopo sarà possibile stimarci e anche crescere nel comandamento dell’amore. Invito pertanto a cogliere tutte le occasioni, anche quelle informali, per mescolarci, conoscerci e far crescere la comune passione che ci fa essere presbiterio: l’annuncio del Vangelo del Signore Gesù, il servizio alla Chiesa, la dedizione ai fratelli perché scoprano l’amore di Dio…”. Lo scrive mons. Enrico Trevisi, vescovo di Trieste, in una lettera ai sacerdoti per la solennità del Sacro Cuore.
“La sinodalità viviamola nell’ordinario del nostro presbiterio per poi espanderla ad ogni livello. Pertanto invito anzitutto ad essere presenti ai ritiri spirituali e alle riunioni (formative-teologiche e pastorali) e ai vari consigli e commissioni: sono strumenti (non il fine) ma strumenti preziosi per ritrovarci e alimentare le ragioni profonde del nostro camminare insieme a servizio di questa porzione di Chiesa, ma con un cuore grande che vuole arrivare fino agli estremi confini della terra. Una partecipazione convinta, che ci fa essere misericordiosi e umili gli uni con gli altri. Disarmati dalle diffidenze e dai pregiudizi”, l’esortazione del presule, che suggerisce “di dare spazio anche all’informalità, al ritrovarci con quello scambio di idee, con quel gratuito passare insieme un po’ di tempo che può rinsaldare o far nascere amicizie autentiche e dunque a un camminare insieme generativo, fecondo”.
Poi l’invito: “Nel presbiterio dobbiamo avere particolare attenzione verso i presbiteri anziani, malati, ricoverati… ma anche verso coloro che si trovano lontani (in Italia o all’estero), che sappiamo essere in momenti di tensione e fatica. Chiedo coraggio nell’andare a trovare i confratelli malati o anziani, o un presbitero che è tanto che non vediamo”.
Notando che “siamo un presbiterio variegato, di tante nazionalità, di esperienze divergenti, di stili e sensibilità differenti”, il vescovo evidenzia: “Non si tratta di omologare e appiattire i preti, ma di trovare strategie adeguate per il bene della Chiesa e per il cammino di fede delle persone. Abbiamo bisogno dunque di camminare insieme, evitando che il Sinodo risulti una citazione retorica, per discernere alcuni tratti comuni, che magari su alcuni fronti ci vedranno un po’ in difficoltà: ma sarà bello aiutarci, stimarci… e, dove io fatico, poter ricorrere all’aiuto di altri presbiteri. Anche queste ragioni ci sollecitano ad uno scambio, ad una sana contaminazione, a far sì che le difficoltà si trasfigurino in risorse, perché nell’umiltà ci rendiamo conto di aver bisogno gli uni degli altri”.

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