Afghanistan: Start Insight, Murtaza, il piccolo Messi afghano, accolto in Italia con la famiglia

Murtaza (Foto Repertorio Start InSight)

Murtaza, il ragazzino appassionato di calcio noto come il piccolo Messi afghano, costretto per anni a vivere in fuga e nell’ombra a causa delle minacce dei talebani e di altri gruppi criminali, è finalmente in salvo con la sua famiglia in Italia. Lo rende noto Start InSight (Strategic Analysts and Research Team), società di ricerca e analisi strategica delle tematiche connesse alla geopolitica, alla sicurezza e al terrorismo. Oggi Start Insight ripercorre, sul suo sito (www.startinsight.eu), tutta la vicenda del piccolo afghano e della sua famiglia, a partire dai giorni caotici dell’evacuazione seguita al cambio di regime a Kabul. La svolta è arrivata dopo 18 mesi di tentativi e di attesa, grazie a Caritas Italia, co-organizzatrice dei corridoi umanitari dal Pakistan aperti lo scorso autunno.

I sorrisi di Mahdia e Murtaza il giorno della partenza per l’Italia (Foto Start InSight)

Nel 2016 una foto di Murtaza, all’epoca 5 anni, con indosso una busta in plastica bianca e azzurra con il numero 10 e il nome Messi scritti a pennarello, in bella evidenza, fece il giro del mondo. La sua storia attirò l’attenzione del calciatore sudamericano che, venuto a conoscenza della vicenda, con i buoni uffici dell’Unicef, incontrerà Murtaza in occasione di una partita del Barcellona in Qatar (dicembre 2016). Purtroppo, come racconta Start InSight, da quell’incontro Murtaza riportò solo un pallone e la divisa ufficiale autografata dal calciatore. Rientrati in Afghanistan, infatti, “Murtaza e la sua famiglia saranno costretti a nascondersi e a spostarsi frequentemente per sfuggire sia al rischio concreto di rapimento da parte di criminali convinti che il bimbo abbia ricevuto denaro, che dalle minacce dei fondamentalisti. Niente scuola, un’infanzia isolata e, con il ritorno del regime Talebano, un pericolo crescente e spostamenti che si fanno particolarmente frequenti (più di dodici solo nell’ultimo anno e mezzo)”. Il racconto – scandito dai messaggi sui social tra la sorella di Murtaza, Mahdia, e Chiara Sulmoni, Claudio Bertolotti e Andrea Molle, rispettivamente presidente, direttore e senior research fellow di Start InSight – rievoca momenti drammatici come lo scampato attentato del 26 agosto al gate “Abbey” dell’aeroporto di Kabul che provocò più di 180 morti. “Una scelta giusta e fortunata, di quelle fatte nell’urgenza del momento” di non recarsi in aeroporto per via dell’allerta, perdendo il volo per l’Italia, ma che salvò loro la vita. Da qui in poi solo “porte chiuse”, difficoltà burocratiche, passaporti e visti inaccessibili, il padre incarcerato e torturato dai talebani, la famiglia che si divide tra Pakistan e Afghanistan, fino alla svolta: il 4 novembre 2021, la firma, al Viminale, del protocollo d’intesa per l’attivazione dei corridoi umanitari per i cittadini afghani. Si comincia a lavorare con Caritas Italia. Finalmente l’arrivo in Italia: “La speranza è che si possano aprire opportunità concrete, per loro come anche per gli altri afghani che sono stati accolti e nei confronti dei quali il paese si è assunto l’onere del sostegno. Per Murtaza, soprattutto, che finalmente potrà studiare e giocare a calcio senza paura” spiegano da Start InSight. “Questa è una goccia nel mare, che non chiude un capitolo ma che piuttosto, ne mantiene aperti tanti altri. Questa, è una storia di pazienza e perseveranza”.

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