Terremoto in Turchia e Siria: Aibi, “le adozioni come in tutte le emergenze sono bloccate, ma urge l’istituzione dell’affidamento internazionale”

“‘Adottare un bambino’ non è come comprare un nuovo prodotto al supermercato e l’afflato del momento non è motivo sufficiente (e nemmeno necessario, a ben vedere) per sorreggere a lungo termine una decisione così radicale come quella di cambiare, per sempre, il destino di una famiglia e di uno o più minori”. Lo scrive, oggi, in una nota, l’Aibi, per rispondere alle tante domande che stanno giungendo all’Associazione se sia possibile adottare un bambino, vittima del terremoto in Turchia e Siria. L’Aibi ricorda anche che “quando c’è un’emergenza di portata tale da stravolgere gli equilibri e la vita di un Paese, le adozioni generalmente vengono bloccate”, perché, in questi casi, “diventa complicato garantire la correttezza di tutte le informazioni indispensabili per poter dichiarare adottabile un minore”. Per questo “le adozioni vengono bloccate, ed è una decisione presa proprio a tutela dei minori stessi, anche per limitare il più possibile la possibilità di traffici illeciti e l’intromissione di malintenzionati che, purtroppo, proprio nelle pieghe delle situazioni più drammatiche provano a infilarsi”.
Nell’attuale emergenza terremoto, occorre poi ricordare che “dalla Siria le adozioni sono di fatto ferme da quanto è iniziata la guerra, proprio perché manca la possibilità di interfacciarsi con un’autorità di riferimento e perché mancano le condizioni per garantire la raccolta delle informazioni di cui si è detto in precedenza”. Dalla Turchia, invece, “formalmente le adozioni sono possibili, ma basta guardare i dati pubblicati annualmente dalla Cai per vedere come negli ultimi tre anni da quel Paese non sia arrivato in adozione un solo minore. Bisogna anche considerare che la maggioranza della popolazione turca è di religione musulmana e per il diritto islamico l’adozione, per come la intendiamo noi, è vietata. Esiste la Kafala, un istituto giuridico previsto dalla Convenzione dell’Aja, che però, come più volte sottolineato da Aibi, in Italia non è riconosciuta, nonostante, proprio per le sue caratteristiche, potrebbe essere utilizzata come ‘ponte’ anche nell’ottica di istituire un ‘affidamento internazionale’ che, in casi come quello del terremoto in Turchia e Siria o, prima, della guerra in Ucraina, è il vero tassello mancante per un sistema di accoglienza che possa davvero essere immediato, efficace e orientato, come dev’essere, al maggior interesse del minore”.
Ecco perché,” ancora una volta, di fronte all’ennesima emergenza che ha colpito e continua a colpire migliaia di bambine e bambini, Aibi torna a chiedere con forza l’istituzione dell’affido internazionale, con norme certe che lo regolamentino e la realizzazione di corridoi umanitari che permettano ai minori di venire in Italia in modo sicuro, nel rispetto delle misure di protezione dell’infanzia previste dall’ordinamento”.

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