Assemblea sinodale Medio Oriente: Libano, qui “o siamo cristiani insieme o non lo siamo”

“In Oriente, o siamo cristiani insieme o non lo siamo”: è ruotata intorno a questa affermazione l’apertura, ieri a Betania-Harissa (Libano), dei lavori dell’Assemblea sinodale continentale delle Chiese cattoliche del Medio Oriente (copti, siriaci, maroniti, melchiti, caldei, armeni e latini). Dopo una preghiera per le vittime del terremoto che ha colpito la Siria e la Turchia, è stato padre Khalil Alwan, segretario generale del Consiglio dei patriarchi cattolici d’Oriente e coordinatore generale dell’Assemblea sinodale, ha ricordare il Messaggio pastorale che nel 1992 i patriarchi cattolici d’Oriente avevano inviato ai loro fedeli nel Medio Oriente e a quelli sparsi nel mondo, dal titolo: “La presenza cristiana in Oriente, testimonianza e messaggio”. Per padre Alwan, “questa lettera ha tracciato il cammino delle Chiese cattoliche in Oriente e ne ha sintetizzato l’identità e il futuro con la parola ‘presenza’. Questa ‘presenza’ si incarna effettivamente e autenticamente nella lingua araba e nel patrimonio arabo di cui siamo costruttori e nella civiltà araba che abbiamo contribuito a stabilire. La nostra presenza è anche una presenza al servizio dell’uomo senza distinzioni o discriminazioni. È una presenza ecumenica per una comune cooperazione; è presenza del dialogo con le persone di buona volontà, musulmani ed ebrei e, infine, è una presenza a carattere globale, grazie ai nostri figli sparsi nel mondo, perché è comunione di fede, amore e appartenenza civile ovunque ci troviamo”. “Siamo giunti dalla Terra Santa, Giordania, Libano, Siria, Egitto, Iraq e Armenia – ha ricordato – per ascoltare ciò che lo Spirito dice alle Chiese e per pregare e riflettere insieme sulle nostre preoccupazioni comuni e condividere le nostre aspirazioni future. Molte cose ci uniscono, siamo uniti dalle condizioni dei nostri Paesi, dove a tutti noi mancano spesso la libertà di religione, la libertà di espressione, la libertà delle donne e la libertà dei bambini. Cerchiamo tutti, secondo le nostre energie, di combattere la corruzione nella politica e nell’economia. Cerchiamo tutti di praticare la trasparenza nelle nostre istituzioni religiose e sociali, e desideriamo praticare una cittadinanza responsabile e combattere la povertà e l’ignoranza. Soffriamo tutti per l’emigrazione dei nostri figli che hanno visto restringersi gli orizzonti per una vita dignitosa, e portando alla diminuzione delle nostre comunità e della nostra testimonianza nella terra che il Signore ha scelto come sua dimora”. Tuttavia, ha aggiunto, “noi, figli della Chiesa, non solo siamo uniti dalle preoccupazioni e dalle difficoltà della vita, ma siamo anche uniti da un solo battesimo, una sola fede, un solo amore e una sola speranza”. “Il cristianesimo d’Oriente, nonostante le sue divisioni, forma nel suo fondamento un’unità indivisibile di fede. Siamo cristiani insieme nella buona e nella cattiva sorte. Una è la chiamata, una è la testimonianza, uno è il destino. Pertanto – ha concluso – siamo chiamati a lavorare insieme. In Oriente, o siamo cristiani insieme o non lo siamo. E se i rapporti tra le Chiese d’Oriente non sono stati sempre buoni per tanti motivi, interni ed esterni, allora è giunto il momento per noi di purificare la nostra memoria cristiana dai depositi negativi del passato, per quanto dolorosi possano essere, per guardare insieme al futuro nello spirito di Cristo e sotto la guida del suo Vangelo e degli insegnamenti dei suoi apostoli”. Ai lavori hanno partecipato anche il card. Jean-Claude Hollerich, coordinatore della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi, che ha ricordato le tappe del cammino finora percorso e il card. Mario Grech, segretario generale del Sinodo dei vescovi, che si è soffermato su due condizioni necessarie per la buona riuscita del processo sinodale. La prima riguarda “la necessità della partecipazione attiva del popolo di Dio e dei pastori”; la seconda è legata all’importanza dell’ascolto di ciò che lo Spirito Santo dice alla Chiesa. In conclusione, il card. Mar Bechara Boutros Al-Rahi, patriarca della Chiesa maronita, ha ricordato come l’impegno “a vivere come una Chiesa sinodale” significhi impegnarsi a essere “una Chiesa che impara dall’ascolto della Parola di Dio e dalla lettura dei segni dei tempi come rinnovare la sua missione annunciando il Vangelo e annunciando il mistero della morte e risurrezione di Cristo per la salvezza del mondo”.

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