Diocesi: Piacenza, ieri il vescovo Cevolotto in visita al carcere

“La comunità cristiana deve guardare ai detenuti immaginando che anche per loro esiste un futuro. Il contesto comunitario, civile e sociale, creando condizioni favorevoli, agevola anche il loro futuro”. Così il vescovo di Piacenza-Bobbio, mons. Adriano Cevolotto, a margine della visita di mercoledì 4 ottobre alla casa circondariale di Piacenza. A parlarne è il settimanale diocesano, “il Nuovo Giornale”. “Con molti di loro è stato un ritrovarci – commenta – circa un mese fa celebrai qui la messa”. Quello del vescovo con i carcerati è un incontro ormai tradizionale: a Natale e a Pasqua una delle messe del giorno viene sempre celebrata alle Novate.
Gran parte dei detenuti di Piacenza, è emerso dall’incontro, percepiscono un giudizio, una relazione compromessa con il territorio. “Sentono di avere addosso uno sguardo che non è di grande comprensione, fiducia o stima – riporta mons. Cevolotto –; sono convinto della necessità di distinguere tra il peccato (o la colpa) e la persona e, dunque, il cammino che è chiamata a fare. Ma anche la comunità è chiamata a fare la propria parte. È importante un dialogo fra il ‘dentro’ e il ‘fuori’: la condizione affinché ci sia un futuro è che ci sia un contesto che lo favorisca. Per superare i pregiudizi, i giudizi e le sentenze inappellabili è fondamentale rinnovare la fiducia che in tutti c’è la possibilità di un riscatto”.
Le consuete visite del vescovo sono un modo per legare il territorio al carcere. “È un’attesa soddisfatta – dichiara la direttrice del penitenziario, Maria Gabriella Lusi –: lo aspettiamo, sia il personale sia i detenuti si trovano bene con lui. È allo stesso tempo un’abitudine e una scoperta, il vescovo porta sempre momenti di verità e sincerità. La sua attenzione al nostro contesto testimoniano innanzitutto che il collegamento carcere-territorio può e deve tradursi in fatti e testimonianze; e, poi, dimostrano sensibilità, vicinanza per un contesto che ha tanto bisogno di attenzioni. Noi lavoriamo molto per evitare di identificare le persone ristrette col reato commesso. Credo che mons. Cevolotto abbia perfettamente compreso l’obiettivo che sta alla base del nostro sforzo”.
Fra le domande poste dai carcerati al vescovo, il dubbio sull’opinione della Chiesa e dei cattolici nei loro confronti. Per questo, l’inclusione sociale e il lavoro diventano cruciali. “Sono convinti che lavorare dia dignità”, dice mons. Cevolotto. Il bisogno di ritrovare una dignità è confermato anche dal cappellano, don Adamo Affri. “Ma spesso lo fanno in maniera sbagliata – spiega – cioè imponendosi, pretendendo, invece di lavorare in un contesto positivo di fiducia”.
All’arrivo, il vescovo è stato accolto con una sorpresa: un ragazzo ha improvvisato una canzone rap. Prima di incontrare i detenuti, il presule ha fatto visita agli agenti di polizia penitenziaria. “È una professione molto delicata poiché ha a che fare con un’umanità che ha ferite, sofferenze e, a volte, limiti. La relazione con queste persone mette sempre alla prova. Ma il personale è una squadra che ha come obiettivo comune la prospettiva riabilitativa, ossia aiutare le persone a rivedere il proprio cammino per guardare al proprio futuro in maniera diversa”, afferma mons. Cevolotto.

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