Diocesi: Faenza, celebrati i 70 anni del Seminario diocesano Pio XII. Mons. Toso, “i giovani cercano Dio e noi dobbiamo aiutarli a discernere la Sua chiamata”

(Foto diocesi Faenza)

Una grande casa, luogo di comunità vera. Lunedì 23 ottobre si sono celebrati i 70 anni del Seminario diocesano Pio XII di Faenza. La messa, presieduta dal vescovo Mario Toso, è stata l’occasione per fare memoria di questo luogo e tracciare lo scenario futuro in cui questi spazi possono e devono essere protagonisti per la formazione cristiana della persona.
Dopo circa un quarantennio di esistenza senza più un corpo di professori e una vera e propria comunità di studenti, si è coraggiosamente tentato di rivitalizzare questa imponente struttura che ora ospita la Propedeutica Interdiocesana; la Fraternità dei giovani, frutto del Sinodo a loro dedicato; la Biblioteca “Card. Cicognani”, messa a norma e dotata di aule studio; la scuola media “Europa”, restaurata secondo le vigenti norme di sicurezza; la Curia diocesana; la Scuola di teologia “S. Pier Damiani” e ambienti per l’accoglienza di attività formative di parrocchie, associazioni, movimenti e settori pastorali, tra cui la redazione del settimanale il Piccolo.
“Dobbiamo ringraziare Dio per il dono delle vocazioni presbiterali negli ultimi 20 anni – ribadisce mons. Toso –, ma non possiamo addormentarci. La pastorale delle vocazioni, unitamente alla pastorale giovanile, rappresenta una priorità e, nello stesso tempo, un’emergenza. Entrambe queste pastorali vanno pensate e attuate, lo abbiamo imparato dalla solidarietà nei confronti dell’alluvione, su due assi cartesiani: subito e tutti”. “Tutti i nostri giovani cercano Dio – spiega –. Cercano di sentirlo e di percepirlo. Sono in ascolto serio di testimoni autentici che stiano con loro, in mezzo a loro. Alla fine, non apprezzano gli incontri a spizzichi e bocconi”, ma “sono le relazioni autentiche e pazienti a offrire a loro un annuncio efficace. Sono necessarie comunità, anche piccole, ma significative e creative, ove le persone vivono innamorate del Signore, perché i giovani vogliono toccare Dio. È questione di esserci e di esserci a lungo, con affetto, pazienza, senza annacquamenti del Vangelo. È questione anche di iniziare nuovamente i giovani a toccare Dio nella Sua Chiesa e nei suoi sacramenti”. “Il Signore chiama – ha concluso –. È fuori discussione. Ma noi adulti dobbiamo decodificare, aiutare i giovani discernere questa chiamata con cura e pazienza”.

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