Giornata per la vita: mons. Nolè (Cosenza), “prendersi cura degli altri anche se ciò comporta spesso mettere a rischio se stessi”

“La vita è per noi il bene più prezioso ma è anche molto fragile. Ha bisogno di cure, di essere custodita e accolta con gratitudine e fortezza di spirito contro le insidie del male, l’egoismo, l’avidità, la violenza, la solitudine”. Lo ha detto ieri mons. Francesco Nolé, arcivescovo di Cosenza-Bisignano, nella messa celebrata in cattedrale e trasmessa in diretta su Raiuno. Il presule, che attraverso il mezzo televisivo ha rivolto “un cordiale saluto” ai telespettatori e ha ricordato gli “800 anni di storia, di cultura e di fede” della chiesa madre bruzia che si celebrano quest’anno, ha ricordato che quella di ieri era la 44ª Giornata per la vita. “Custodire la vita significa prendersi cura degli altri anche se ciò comporta spesso mettere a rischio se stessi, e a volte fino al sacrificio totale”. “Pensiamo – ha proseguito il presule – con commozione e gratitudine a quante persone nel tempo più acuto della pandemia hanno pagato un prezzo alto per la loro ammirevole generosità nei confronti del prossimo: famiglie, medici, personale sanitario, istituzioni, sacerdoti, consacrati”. Per l’arcivescovo, che ha commentato le letture della liturgia domenicale, “tutti questi e altri ancora sono i nuovi pescatori di uomini, chiamati dalla forza del Vangelo a custodire la vita di tanti fratelli e sorelle che sperimentano la sofferenza e l’angoscia. In un periodo di tenebre e di paura, di fallimenti e disperazione, la fede ha continuato ancora ad ispirare scelte di amore e di vita”. Richiamando il brano evangelico, mons. Nolè ha sottolineato che “Gesù – invitando i discepoli a gettare la rete dall’altra parte”, “presenta ad essi un’altra possibilità, come un sogno da realizzare con lui”. In questa “gara di fiducia e di amore si avvera il sogno di Dio. costruire il suo regno non con i ricchi e i potenti, con le armi e il terrore, ma con gli affaticati e gli oppressi, gli umili e i poveri, i peccatori pentiti e i giovani sfiduciati, quasi a dire ad ognuno di noi di guardare avanti”. Infatti – ha concluso mons. Nolè – “nella nostra povera barca Gesù ridona fiducia e speranza, indicandoci orizzonti nuovi per una vita nuova”.

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