Salute: Osp. Bambino Gesù, Univ. di Genova e di Melbourne, uno studio sul citomegalovirus apre prospettive terapeutiche per immunodepressi

Sembrano cellule sane e quindi si nascondono al sistema immunitario, invece sono infettate da un virus insidioso che può scatenare gravi infezioni nei pazienti immunodepressi. È il citomegalovirus, un patogeno molto diffuso contro il quale, però, l’organismo ha un’arma efficace: una particolare popolazione di linfociti T killer. Con speciali “sensori”, intercettano le cellule infette e le uccidono. Il meccanismo è stato scoperto dai ricercatori dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù insieme con l’Università di Genova e la University of Melbourne. I risultati dello studio aprono nuove prospettive di cura per i pazienti con scarse difese immunitarie, con gravi infezioni virali (incluso il Covid-19) e anche con tumore. La ricerca, sostenuta da Airc, è stata pubblicata sulla rivista scientifica “Science Immunology”.
“L’indizio che ha ispirato la ricerca è stato la presenza sulla superficie di questi particolari linfociti, oltre al canonico Tcr, di recettori tipici delle cellule NK, da noi scoperti molti anni fa – afferma Maria Cristina Mingari, direttore del laboratorio di Immunologia dell’Irccs San Martino di Genova -. Questi sono veri e propri sensori che danno un potente segnale di attivazione ai linfociti T killer se riconoscono proteine espresse sulla superficie di cellule infettate da virus, o tumori, ma assenti sulle cellule sane. Infatti, in molti casi, le cellule del nostro organismo reagiscono ad un evento avverso, come un’infezione da virus o una trasformazione tumorale, esponendo sulla loro superficie proteine particolari per informare del pericolo il sistema immunitario”.
“Il nostro studio – aggiunge Gabriella Pietra dell’Università di Genova – ha fornito un esempio ulteriore della strategia messa in atto dal nostro sistema immunitario per non soccombere ai virus ed eludere i loro inganni. In questo caso, sfrutta queste truppe speciali di linfociti T killer”.
“La caratteristica peculiare della popolazione di cellule T killer può aprire la strada a nuove strategie terapeutiche in grado di sfruttarle al meglio, rafforzandole o inducendone una estesa proliferazione nei pazienti con gravi infezioni virali, incluso il Covid-19, o con tumore – spiega Lorenzo Moretta, responsabile dell’Area di Ricerca di immunologia del Bambino Gesù -. È possibile anche ipotizzarne un utilizzo ‘preventivo’ per evitare la riattivazione del citomegalovirus che avviene in circa il 30% dei casi di pazienti immunodepressi, ad esempio in seguito a trapianto di midollo per la cura di gravi leucemie. Va poi detto che questa ‘terapia cellulare’ potrà essere utilizzata in combinazione con altre terapie, ad esempio l’immunoterapia con inibitori di checkpoint, aumentandone l’efficacia”.

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