Sfollati climatici: mons. Dalla Zuanna (vescovo di Beira), in Mozambico “serve un’azione immediata che non si limiti all’intervento di emergenza”

“Con i suoi quasi 3.000 km di coste che si affacciano sull’Oceano Indiano, il Mozambico è un paese che ha una certa familiarità con tempeste tropicali e cicloni”. A portare la sua testimonianza è stato mons. Claudio Dalla Zuanna, arcivescovo di Beira, intervenuto in collegamento dal Mozambico nel corso della conferenza stampa di presentazione degli Orientamenti pastorali sugli sfollati climatici, trasmessa in diretta streaming dalla Sala Stampa della Santa Sede. “La sua fortuna è di avere di fronte, come un grande scudo, l’isola del Madagascar, dove i cicloni incontrando terraferma perdono la loro potenza distruttiva”, ha proseguito il vescovo: “Solo quei cicloni che aggirando le estremità dell’isola si introducono nel Canale del Mozambico raggiungono la costa mozambicana, generalmente al sud o al nord della lunga costa. Raramente i cicloni raggiungono la zona centrale del paese dove sorge la città di Beira”. “Ma non è più così!”, il grido d’allarme di Della Zuanna: “La temperatura delle acque del Canale si è consistentemente innalzata negli ultimi anni, permettendo alle tempeste tropicali e ai cicloni che non esauriscono la loro forza nella terraferma del Madagascar di ricaricarsi con la forte evaporazione e di aumentare di categoria nei soli due giorni che di solito impiegano le perturbazioni di questo tipo ad attraversare i 400 km di mare per raggiungere il Mozambico. Se poi succede che, per ragioni diverse, la perturbazione si trattenga sul Canale del Mozambico per 5 o 6 giorni come nel marzo 2019, può scatenarsi un ciclone di forza straordinaria come è stato il ciclone Idai, il più forte ciclone di cui si abbia memoria nell’Africa Australe. Questo ciclone ha danneggiato il 90% degli edifici della città, radendo al suolo i precari quartieri della periferia ma anche scoperchiando la cattedrale che nei suoi 100 anni di vita non aveva mai subito danni così gravi. L’ospedale della città, a cui fanno riferimento i circa 3 milioni di abitanti della regione, molteplici istituzioni pubbliche, scuole e anche della casa del vescovo sono stati scoperchiati dai venti che hanno soffiato oltre i 200 km orari”. “Da marzo 2019, la città di Beira è stata colpita da altri due cicloni, l’ultimo il 23 gennaio di quest’anno, cicloni che, anche se di forza inferiore, hanno lasciato il loro strascico di distruzione”, ha denunciato il vescovo: “Tre cicloni in meno di due anni sulla città di Beira, sembra che abbiano fatto della città il loro percorso: “Alcuni studi recenti hanno mostrato come la temperatura della zona centrale del paese sia aumentata oltre la media nazionale, anch’essa aumentata, forse dovuto al fatto che la deforestazione per l’esportazione di legname è stata maggiore in questa regione”. Con gli spostamenti forzati, ha spiegato Della Zuanna, “si perdono case, beni, opportunità di lavoro, accesso a scuola e ai servizi sanitari (per esempio, a conseguenza del ciclone Idai, migliaia di persone affette dall’AIDS e in trattamento antiretrovirale hanno dovuto interromperlo con le conseguenze negative che questo comporta. Queste movimentazioni forzate indeboliscono la comunità e il tessuto sociale con le sue relazioni, tutto è da ricostruire in luoghi anonimi, lontani dalla città, con pochi aiuti e questi a tempo determinato, lasciando a se stesse le persone più fragili e incapaci di ricostruirsi una vita”. Di qui la necessità di “un’azione immediata” che non si limiti “all’intervento di emergenza”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Chiesa