Coronavirus Covid-19: Tortona, religioso orionino racconta sua esperienza in ospedale. “La gente mi incontra con grande gioia”

“Ho fatto il giro nei reparti. Sono subito partito dalla rianimazione, dopo è stato il turno della Medicina e della Chirurgia, che in realtà ormai ospitano anch’esse pazienti Covid. La vera differenza si nota nelle 12 stanze dedicate alla rianimazione, con gli intubati: lì posso solo benedire”. Lo racconta don Pietro Sacchi, religioso orionino della comunità del Paterno di Tortona, con 7 anni di sacerdozio, ha iniziato da fine marzo a offrire il proprio servizio di accompagnamento spirituale presso l’ospedale Santi Antonio e Margherita di Tortona, che ospita al momento circa un centinaio di pazienti positivi al coronavirus.
“Abbiamo iniziato un bellissimo progetto con i tablet, per fare in modo che qualche paziente, soprattutto tra quelli più anziani che da oltre 15 giorni che non potevano sentire i parenti, potesse finalmente fare loro una videochiamata. A pranzo sono stato con i medici e gli infermieri, perché in questo contesto siamo a tutti gli effetti una famiglia e stando insieme ci carichiamo a vicenda. Loro mi hanno istruito, mi hanno fatto un corso su come vestirmi e svestirmi. Mi hanno spiegato che la cosa più importante e delicata è la svestizione, perché bisogna stare attenti a come si va fuori. Qui indossiamo una tuta che ha un doppio strato, un doppio calzare, degli occhiali di plastica, una cuffia verde e un cappuccio sopra la cuffia. Io ho indosso anche una bellissima croce di legno che era una copia della croce di Tonino Bello, che mi diedero dopo una missione a Carapelle, ed è l’unico elemento che mi contraddistingue, per capire che non sono un sanitario ma sono un sacerdote”, dice l’orionino.
“Dopo il pranzo – aggiunge – faccio l’esposizione del Santissimo. La cappella è prevalentemente vuota, ma ogni tanto qualche medico, qualche infermiere, qualche malato si affaccia alla balconata della cappella che è su due piani. Poi alle 15 celebro la messa, due o tre persone partecipano sempre. Teniamo in questo modo viva la liturgia, alla fine dell’adorazione eucaristica benedico tutto l’ospedale. La gente mi incontra con grande gioia, i medici sono contenti, si fermano a parlare, anche chi non chiede il sacramento, non chiede la confessione, vuole fare una chiacchierata e questo fa molto piacere anche a me. Io non ho contatti fisici, sto molto in sicurezza, seguo le istruzioni che mi hanno dato e anche quando uso il tablet ho a disposizione tutti i mezzi per non far entrare in contatto le mani. Nonostante tutto, è una bella esperienza, pregate per me perché ne ho bisogno”.
Il direttore generale dell’Opera Don Orione, padre Tarcisio Vieira, ringraziando don Pietro, commenta: “Facciamo rivivere in noi quello spirito di don Orione pronto ad accorrere per portare soccorso a chi era colpito da grandi calamità, quella sua disponibilità per imprese grandiose”.

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