Rosario Livatino: nel carcere di Pavia, Paolo Amico “incontra” il Giudice Beato

(Foto L'Amico del popolo)

“Una testimonianza toccante, davanti ai detenuti presenti al momento, che lo ha portato indietro nel tempo, al mattino del 21 settembre del 1990. Continuava a ripetere anche nel colloquio personale dopo la Messa, la grande responsabilità che si sentiva. Mi ha detto che per lui era un dovere partecipare al momento e dare la sua testimonianza per l’errore commesso negli anni della gioventù di avere partecipato all’omicidio di Rosario Livatino”. Così don Gero Manganello racconta la testimonianza di Paolo Amico, detenuto a Milano Opera, e condannato all’ergastolo per essere stato tra gli esecutori dell’omicidio di Rosario Livatino. Testimonianza resa durante la Peregrinatio della Reliquia del Giudice Beato, a Pavia, nella Casa Circondariale Torre Del Gallo, come informa la pagina Facebook del Ministero della Giustizia. Don Manganello, presente all’incontro e custode della reliquia del Giudice, la camicia intrisa di sangue, sentito dal settimanale della diocesi di Agrigento, L’Amico del Popolo, ha riferito le parole di Amico: “È stato un errore dettato dall’incoscienza e dalla spavalderia di un ventenne che pensava di poter fare tutto. Lui non conosceva Rosario Livatino. Da quando si trova in carcere, attraverso lo studio e l’approfondimento si è avvicinato alla figura del Giudice e preso coscienza del suo gesto”. “In carcere – ha detto Amico a don Manganello che vissuto il momento della visita come un pellegrinaggio penitenziale – ha iniziato un cammino di conversione sia umana che spirituale. In particolare ha fatto riferimento alle parole della mamma del giudice Livatino, Rosalia Corbo, quando disse mi metto nei panni di questi ragazzi e della sofferenza che provano per i loro figli; racconta Amico ho pensato un attimo ai miei genitori e al mio gesto; ho scontato 33 anni di carcere e ancora sono in carcere, oggi, però – ha detto Amico – mi sento un uomo nuovo”. Di “esperienza molto toccante per tutti i partecipanti, personale, poliziotti, detenuti” ha parlato la direttrice dell’istituto di pena, Stefania Mussio: “La testimonianza di un uomo profondamente segnato da quel gesto, che ha fin qui trascorso oltre trent’anni di carcere, passando dal regime del 41 bis all’attuale media sicurezza. Un momento molto significativo che ha stretto tutti i presenti in un silenzioso e rispettoso raccoglimento”.

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