Società: card. Zuppi, “sostenere le famiglie per contrastare la denatalità”. Preoccupazione per “working poor”, incidenti e dimissioni dal lavoro

Per contrastare la denatalità “occorrono servizi integrati sul territorio a sostegno delle famiglie, non solo aiuti materiali”. Ne è convinto il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, che nella sua introduzione al Consiglio permanente dei vescovi italiani ha denunciato come “molte famiglie rinunciano anche alla cura della propria salute perché i tempi di attesa delle ASL sono lunghi e non tutti possono permettersi di rivolgersi al privato”. Altro fenomeno di cui tener conto, quello degli “working poor”: “Non è garantito, come in passato, a chi lavora di sentirsi al sicuro fuori dalla soglia di povertà. Incidono la precarietà dei contratti, l’incapacità di adeguamento degli stipendi al costo della vita, lo sfruttamento e la diffusione del lavoro nero in alcuni contesti. Sono tutti fattori che destano preoccupazione”. “Anche il fenomeno delle dimissioni dal lavoro, soprattutto nei giovani, fa riflettere”, ha osservato Zuppi: “È in corso un cambiamento culturale senza precedenti che dobbiamo comprendere e accompagnare, ribadendo quanto sia irrinunciabile la centralità della persona per la dottrina sociale della Chiesa”. Senza contare il “continuo ripetersi quotidiano di incidenti sul lavoro”, che fa aumentare giorno dopo giorno le vittime: “Alcuni tragici recenti episodi, come quello ferroviario a Brandizzo nel torinese, non ci devono far dormire sonni tranquilli. La sicurezza nei cantieri e nei luoghi di lavoro è segno di civiltà. Non è barattabile con la fretta di consegnare un’opera, né con le limitazioni degli investimenti sulla sicurezza e tanto meno con la superficialità e l’irresponsabilità. È in gioco la nostra dignità umana”. Come ha detto il presidente Mattarella, le vittime degli incidenti sul lavoro sono un “oltraggio alla convivenza civile”: “Come Chiesa, non basta sposare la facile lamentela o invocare genericamente maggiore sicurezza, se non ci facciamo interpreti di una diversa cultura del lavoro e della consapevolezza che l’insicurezza del lavoro è morte sociale”.

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